La scomparsa di Carivit vista dall’interno. Dalla parte dei dipendenti, di coloro cioè che vivranno questo passaggio sulla propria pelle. A confidarsi con Viterbopost è un lavoratore, poco più che cinquantino (come direbbe Camilleri), assunto una trentina d’anni fa quando la Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo era “la” banca del territorio, praticamente senza rivali per numero di clienti e per capacità di incidere sul sistema economico e creditizio della Tuscia. Carriera tutta interna fino ad arrivare ad un ruolo di una certa qual responsabilità. Non è un’intervista perché l’interlocutore accetta di parlare delle attuali, delle passate e future vicende solo a condizione di mantenere l’anonimato: “Perché non si sa mai…”. E per questo sarà semplicemente il signor Carivit.
Allora, che succede? “Succede semplicemente – spiega con calma, quasi con rassegnazione, il signor Carivit – quello che da tempo era scritto. Il nostro marchio, per molti versi glorioso, sicuramente storico, sparisce del tutto. Saremo ‘anema e core’ Intesa Sanpaolo. Non dico che non ce lo aspettavamo, ma quando arriva il momento un po’ di amaro in bocca si sente. E’ altrettanto vero che nei tanti incontri dei mesi scorsi, anche con le rappresentanze sindacali, ci è stato detto in tutti i modi che non sarebbe cambiato nulla, che per noi e per i clienti le cose sarebbero rimaste inalterate, che si trattava soltanto di un cambio di ragione sociale, eppure…”. Eppure? “Beh, non nego che la cosa comunque ci trova impreparati. Un po’ come le lunghe malattie, magari anche di una persona cara: si sa che la fine è segnata, ma quando accade ci si sente comunque colpiti. Non ci si rassegna mai alla scomparsa di qualcuno. E’ vero, non è morto nessuno, ma per me e per molti miei colleghi, Carivit era ed è tuttora la nostra casa. Qui siamo entrati ragazzi e siamo diventati uomini. C’è anche un po’ di commozione quando ne parliamo tra noi, anche se continueremo a prendere lo stipendio senza che nulla cambi. Almeno per ora…”.
Ma perché c’è qualche problema all’orizzonte? “Spero di no. Dai vertici della banca sono arrivate rassicurazioni di ogni genere: conserveremo per il momento i nostri incarichi, ma va messo in conto anche un corposo turn over nei ruoli di maggiore responsabilità. Non parlo solo dei dirigenti, ma anche delle filiali e delle agenzie. Io personalmente ne ho girate parecchie in città e nella provincia e in ognuna ho lasciato un pezzetto di me stesso. Ma non è tanto questo ricambio comprensibile e fisiologico a preoccuparci, quanto il futuro un po’ più lontano. Chi può dire oggi se ci saranno ulteriori ristrutturazioni nel personale, come peraltro è avvenuto pesantemente negli anni scorsi e sta continuando ad avvenire anche in queste settimane. Ma questo è un tema che riguarda l’intero mondo delle banche: bisogna ottimizzare, ridurre i costi e alla fine si interviene sempre sui lavoratori. Io mi sento ancora in grado di fare la mia parte e sono ancora abbastanza lontano dalla pensione, ma non si può mai dire. Nel giro di qualche anno potrei ritrovarmi anche io ai giardinetti. Le aziende, tutte indistintamente, tendono a liberarsi dei dipendenti più pesanti dal punto di vista economico, magari ricorrendo successivamente al Jobs act che consente di assumere con tre anni di sgravi contributivi. Un bel risparmio, non c’è che dire”.
E i rapporti con i clienti, signor Carivit? “I nostri correntisti, aziende o semplici cittadini, sanno che da tempo offriamo prodotti finanziari targati rigorosamente Intesa Sanpaolo. In qualche modo, si sono abituati anche se poi sulle cartelle dei dossier che consegnavamo spiccava il nostro storico marchio. Fra qualche tempo, non sarà più così. Il vero problema però è un altro: noi siamo stati per decenni la banca del territorio. Sarebbe un errore gravissimo perdere questa caratteristica. Mi permetto di dare un consiglio ai nostri dirigenti: non dimenticate mai la storia e quello che abbiamo rappresentato per questa terra. La nostra mission e il nostro dna non devono cambiare di una virgola, qualunque sia il nome stampato sull’insegna. Siamo stati e dobbiamo continuare ad essere l’istituto di credito di Viterbo e della sua provincia”.
“Adesso – conclude il signor Carivit – aspetteremo con pazienza gli ultimi passaggi formali. Circola la data del primo novembre come il limite per concludere l’operazione. E’ abbastanza credibile perché a fine anno, per una serie di ragioni tecniche, è preferibile non compiere questo tipo di interventi. Continuiamo ogni giorno a fare il nostro lavoro, come sempre abbiamo fatto, però non lo posso e non lo voglio negare: dentro abbiamo tutti, i più anziani in special modo, un pizzico di amarezza”.