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Talete, game over: si dimette Bonori

Una scelta motivata dalla non decisione dell'assemblea dei sindaci sul bilancio 2014

Stefano Bonori, presidente di Talete dal 2014

Stefano Bonori, presidente di Talete dal 2014

Game over. Stefano Bonori, presidente della Talete, si dimette. E insieme a lui lascia anche il consigliere di amministrazione Cinzia Marzoli. Non si hanno notizie, invece, su quello che intende fare il terzo componente del cda, Marco Fedele, peraltro ex responsabile della società che gestisce il servizio idrico integrato in (quasi) tutta la Tuscia. L’accelerazione sembra che sia maturata negli ultimi giorni e deriva comunque da quella non decisione durante l’assemblea dei soci di fine agosto quando, a fronte, delle presentazione del bilancio 2014 (chiuso con un deficit di 4,3 milioni di euro) e della due diligence (l’analisi dei conti) commissionata ad un’azienda esterna, i proprietari di Talete, cioè i comuni (rappresentati nella circostanza dai sindaci) scelsero di chiedere ulteriori chiarimenti, di fatto allontanando semplicemente nel tempo il momento in cui, piaccia o non piaccia, si dovrà prendere una decisione.

Come da procedura, le dimissioni sono state comunicate al collegio dei sindaci revisori e al presidente dell’Ato, Mauro Mazzola. Il gesto eclatante, ma più che giustificato da parte di Bonori, non va comunque interpretato come quello del capitano che abbandona la nave quando vede il pericolo. Che Talete navighi in acque procellose, è un dato di fatto assodato; che l’ormai ex presidente abbia fatto di tutto per tenere a galla una zattera della quale sembrano tutti disinteressarsi è anch’esso acclarato; che la politica, nella sua totalità, oltre a mostrare assoluta incapacità gestionale, abbia consapevolmente evitato di metterci (e sporcarsi) le mani è pure questione di evidenza solare.

In un anno o poco più alla guida di un’azienda che comunque muove qualche decina di milioni di euro l’anno e che è chiamata a fornire un servizio essenziale, Stefano Bonori ci ha messo il cuore e l’anima con un’azione volta a razionalizzare i costi, a recuperare una massa consistente di bollette insolute, a presentare un bilancio doloroso, ma aderente ad una realtà più che complicata. Il risultato è stata una sostanziale sfiducia o comunque un rinvio alle calende greche che aveva solo l’obiettivo di prendere tempo. Perché di fronte a quel bilancio, sul quale il collegio dei revisori dei conti non si era espresso né con una promozione né con una bocciatura, c’era e c’è ben poco da chiarire: i numeri sono quelli e non hanno bisogno di chiarimenti ulteriori. A meno che dilazionare la decisione non serva ad altro…

E qui torna ad aleggiare l’ipotesi dell’Ato unico regionale e l’affidamento della gestione ad un soggetto ugualmente unico e ovviamente privato. Insomma, il modello Acea: a Roma il 51% delle quote è in mano al Campidoglio e il resto in gran parte a due soci privati (gruppo Caltagirone e i francesi della Suez), con un quota residuale sul libero mercato. La gestione operativa, manco a dirlo, è affidata a manager espressi dalla parte privata. La politica insomma ne resta fuori. Ed è meglio così.

L'assemblea dei soci Talete che non approvò il bilancio 2014

L’assemblea dei soci Talete che non approvò il bilancio 2014

Impossibile ieri raccogliere le opinioni dei diretti interessati, a cominciare dal presidente Bonori, la cui amarezza comunque era palpabile già al termine della seduta lampo nella sala conferenze della Provincia quando tutti i sindaci (di centrodestra e di centrosinistra) approvarono all’unanimità un sintetico documento proposto da Mazzola con il quale, appunto, si chiedevano approfondimenti. Che evidentemente il cda, o comunque la maggioranza di esso, non era in grado di dare perché quello che c’era da dire era stato già detto e c’era ormai ben poco da aggiungere.

E adesso che succede? Difficile da anticipare. Il servizio deve andare avanti e comunque un’azienda di quella portata non può restare a lungo senza vertice. Un altro presidente? Un commissario? Si vedrà. O magari ci penserà la Regione se riuscirà a legiferare per tempo (entro il 30 settembre) sui bacini idrografici: altrimenti potrà scattare il commissariamento.

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