“La parola al nostro leader, Matteo Salvini: tutti in piedi”, intima Umberto Fusco. E la platea, folta e caliente, esegue giudiziosamente. Ma lui, il capitano (come viene appellato nel manifesto di benvenuto) smorza subito l’eccesso di piaggeria, invitando i presenti a lasciar perdere. Poi attacca con il suo ragionamento, che è decisamente tutt’altra musica rispetto agli slogan di qualche anno fa e a certe manifestazioni fokloristiche che avevano caratterizzato la Lega Nord di Bossi e del suo cerchio magico. D’accordo, i temi sono quelli di sempre, ma stavolta declinati senza troppi urli. “Perché noi, prima o poi, al governo ci arriviamo” racconta nel backstage, quando riesce a troncare (almeno momentaneamente) le centinaia di fotografie con adoranti sostenitori.
Si parte dalla sicurezza, sulla scia di quanto affermato poco prima dal segretario del Sindacato autonomo di polizia, Enzo Tonelli. “Noi non abbiamo dubbi: tra un delinquente e un poliziotto, saremo sempre dalla parte di quest’ultimo. E quando governeremo diremo semplicemente alle forze di polizia di fare il loro lavoro con serenità in difesa dei cittadini perché ci sarà sempre lo Stato a tutelarli”, sillaba il Matteo lumbard. Che al Matteo fiorentino e premier riserva stoccate in serie: “A Bruxelles, non conta nulla: quando va bene gli ridono dietro. Fanno i vertici e al massimo, alla fine, gli fanno una telefonata e lui twetta tutto contento: una vergogna”. “Siamo noi – aggiunge – l’unica alternativa seria: di fatto, al di là dei sondaggi, oggi siamo il terzo partito italiano. E’ bene che se lo metta in testa chi continua a pensare ancora di essere al 25%”. Che non è esattamente un messaggio di pace a Forza Italia e ai berlusconiani: come dire, ci possiamo pure accordare, ma le carte le diamo voti che abbiamo certamente più voti.
Nelle primissime file, ci sono Giulio Marini (ex sindaco e parlamentare azzurro) e Andrea Marcosano (ex consigliere comunale): abbozzano, ma non è che il passaggio salviniano li entusiasmi granchè. Più convinto il consenso di Marcello Meroi (anche lui ex deputato ed ex presidente della Provincia) e Enrico Maria Contardo (ex vice sindaco). Ma ce n’è anche per gli esponenti della destra quando Salvini auspica un barcone sul quale mettere i politici che hanno portato la sanità del Lazio allo sfascio: è evidente che ci dovranno salire anche la Polverini e Storace. Personaggi con i quali, comunque, la Lega dovrà allearsi se davvero aspira ad insediarsi a Palazzo Chigi.
Niente miracoli, comunque, e nessuna promessa. Salvini parla chiaro: “Vogliamo fare una rivoluzione all’insegna del buonsenso e della normalità, partendo dalle piccole cose che non costano nulla e hanno un grande valore sociale. E copiando ciò che di buono fanno in altri paesi. In Francia, l’asilo nido è gratis per tutti fino a due anni. In Italia costerebbe un miliardo e 200 milioni. Dove prendiamo i soldi? Pensate che tutte le varie operazioni nel Mediterraneo costano 3 miliardi di euro: basterebbe dimezzare quella spesa”. Ed eccoci al tema di questi mesi: “Parliamoci chiaro e senza buonismi inutili: non siamo in grado di accettare tutti. La materia va regolata e regolamentata. Porte aperte ai richiedenti asilo che scappano dalla guerra. Ma sono tutti in queste condizioni? Non mi pare proprio. Allora, più posti di lavoro per gli italiani e meno clandestini. E chi viene qui comunque deve accettare le nostre regole”. Ma ce l’ha con la Chiesa? “No, assolutamente. Non accetto le uscite di qualche finto vescovo che non sa di che cosa parla. Ma sono posizioni isolate: anche nel mondo cattolico ci si rende conto che un’accoglienza generalizzata non è possibile. Anche per tutelare i lavoratori regolarizzati che si sono integrati”.
Uno sguardo pure all’interno, con avviso ai naviganti incorporato: “Tanti si stanno avvicinando al nostro movimento, magari perché hanno fiutato il momento favorevole. Ma le porte saranno chiuse rigorosamente a chi viene da noi per fare o continuare la sua carriera politica. Non voglio sentire discorsi del genere: ‘se arriva quello porta con sé duemila voti’. Non se ne parla: i voti vogliamo conquistarli ad uno ad uno con la serietà delle nostre proposte”. Boato in sala. E il federalismo, onorevole? “Le identità territoriali sono decisive. Impossibile pensare a politiche uguali a Cuneo, Viterbo e Catania. Bisogna adattarsi alle situazioni, alle caratteristiche, alla storia. Questo faremo quando saremo al governo. E io penso che si andrà a votare presto. Molto presto”.
C’è spazio, sempre nel backstage, anche per le questioni locali. Gli riferiscono le parole del presidente della Provincia, Mauro Mazzola. Sguardo assente e risposta tagliente: “E chi è? Saluterò tutti i viterbesi meno lui. Sono qui per la festa di Santa Rosa che mi è piaciuta tantissimo l’anno scorso e per incontrare la gente”. E se si votasse, sarebbe Fusco il candidato sindaco di Noi con Salvini? “Io sono convinto che debbano scegliere i cittadini”. Quindi primarie ovunque e sempre? “La pre-scelta è una strada da percorrere”. E siccome s’è fatta una certa, è il momento di andare a pranzo (a Montefiascone). A proposito a Matteo Salvini non piace la trippa: meglio la porchetta. Vabbè, perdonato.