I greci l’avrebbero chiamata proskynesis: atto di prostrazione estrema, in ginocchio, di fronte al potere del più forte. Ecco, è proprio alla proskynesis che ho pensato quando ho letto della decisione del Coni sui ricorsi di Viterbese e company, resa nota il 3 settembre intorno alle 20. Una decisione da CONIgli. Pavida. Gattopardesca. Al limite della legittimità e certamente illogica. Una decisione che fa male al calcio sano – quello delle società serie e dei presidenti in gamba e solventi, per capirci – e che stravolge il destino della Viterbese, condannata ad almeno un altro anno di purgatorio in serie D.
Ricorso gialloblù respinto nel giorno più importante per i viterbesi, e meno male che c’è quella meraviglia interstellare di Gloria ad alleviare il dispiacere, perché la botta è forte e ci vorrà un bel po’ per assorbirla, anche se il tempo stringe e già domani la squadra agli ordini di mister Sanderra sarà chiamata sul campo di Ostia a dimostrare le proprie intenzioni per la prossima stagione. Meglio mettere subito le cose in chiaro e partire col piede giusto, pure se digerire quanto accaduto in questi giorni non sarà facile.
A via della Palazzina e negli ambienti pallonari cittadini, in verità, dopo le speranze di qualche settimana fa, da un paio di giorni si era capito dove il Coni sarebbe andato a parare. Ci si aspettava, purtroppo, che alla fine prevalesse la linea intransigente del mal assortito e malefico duo Tavecchio/Lotito e che il Comitato olimpico si sottomettesse al volere della Figc. Del resto, già lunedì le parole del presidente federale, scudiero forse inconsapevole del patron della Lazio (a proposito: non avrei mai pensato di poterlo dire, ma aridatece il ragionier Macalli!), erano risuonate minacciose: “il Coni non alteri lo status quo stabilito dal consiglio federale”. Da lì la sempre più netta sensazione che no, l’organismo chiamato a decidere sulle istanze presentate dalle squadre come la Viterbese già escluse dalla Lega Pro, non si sarebbe attenuto ai regolamenti e alle normative ma avrebbe trovato una soluzione più politica, “all’italiana” insomma. Smentendo se stesso un anno dopo, visto che 12 mesi fa nella medesima situazione lo stesso Coni aveva accolto le richieste del Novara per una serie B a 22 squadre. Respinti i ricorsi di Seregno, Viterbese, Taranto e company, la Lega Pro viene quindi ridotta a 54 squadre. Con buona pace dell’Assocalciatori, impotente e inetta davanti al destino ineluttabile della ex serie C. Niente format a 60, previsto tuttavia dal Noif: ai gialloblù per tornare tra i professionisti non resta che vincere il prossimo campionato. Impresa ardua ma da centrare assolutamente stavolta, ed è bene che la squadra se lo metta bene in testa da subito.
La delusione per quanto accaduto dalle parti del Rocchi è enorme. Nell’ultimo mese la società del patron Camilli ha fatto il possibile e l’impossibile per riportare la Viterbese tra i professionisti. Ma non c’è riuscita. Piegandosi alle richieste della Figc, che pretendeva 500mila euro a fondo perduto dai club che volevano essere ripescati, oggi la Viterbese sarebbe stata in Lega Pro già da un mese. La famiglia Camilli, legittimamente, ha scelto di non stare ai ricatti, puntando sulla strada dei ricorsi in tribunale. E ha perso. Resta l’amaro in bocca e la riflessione sul se non sarebbe stato più semplice, potendoselo permettere, e forse anche più utile, seguire la stessa strada di Pordenone e Albinoleffe che sono tornate in C versando l’odioso obolo. Forse sì, forse no, ma del senno di poi son piene le fosse e il corso degli eventi non si può più cambiare. Anche ricorrere a Tar e Consiglio di Stato, infatti, non bloccherebbe comunque l’inizio dei campionati di C e D che prenderanno il via domani.
Tempo per piangersi addosso, ormai, non ce n’è più: oggi è già domani e, delusione o meno, alla Viterbese non rimane che accettare quanto prima il verdetto di questa maledetta estate e andare a prendersi la Lega Pro sul campo.