Meglio un uovo oggi o la gallina domani? Meglio un facile profitto immediato o una valorizzazione sul lungo periodo? Domande che si pone, dalle colonne de Il Corriere della sera, la scrittrice Susanna Tamaro. E che riguardano da vicino una delle perle della provincia di Viterbo, se non dell’Italia centrale in assoluto: il lago di Bolsena. In un lungo articolo, al quale il quotidiano di via Solferino dedica mezza pagina in cronaca nazionale, l’autrice di Va’ dove di porta il cuore – che frequenta abitualmente una zona di confine tra Umbria e Lazio – racconta il progetto di realizzare un impianto geotermico sull’altopiano dell’Alfina. Ed espone tutti i suoi dubbi.
L’impianto è quello della società Itw&Lkv Geotermia Italia, in costruzione a Castel Giorgio (provincia di Terni, ma sul confine con la Tuscia) con finanziamenti stranieri. La Tamaro premette di non essere una fanatica delle demonizzazioni: “Sono aperta e appassionata alle innovazioni che il progresso ci porta, su questo preciso impianto geotermico a ciclo binario, che dovrebbe estrarre energia elettrica dalle acque termali, sono molto perplessa”. Perché? Perché nonostante l’idea sia valida, visto che consente di estrarre energia dalla fonte, senza immetterla nell’atmosfera e dunque senza inquinare l’aria, i rischi sono altri: “Nessuno studio – scrive la Tamaro – può garantire con certezza che il pozzo di re-iniezione dei liquidi non sia, in profondità, collegato con altre falde. La geotermia e la geologia, anche se si servono della matematica e della fisica, non sono e non potranno mai essere scienze esatte, perché si occupano di una realtà terrestre in continuo mutamento. Realtà influenzata da molti fattori, non ultimo quello meteorologico che, in queste zone, sta già provocando molte criticità di inquinamento nelle falde acquifere”. Dunque, secondo la scrittitrice, nessun costruttore o esperto può garantire che non vi siano ripercussioni sull’ambiente in un futuro più o meno prossimo.
Senza dimenticare che il lago di Bolsena è un sito di interesse comunitario, ed è circondato da tante piccole realtà che puntano sul turismo verde, sull’agricoltura di qualità: “Se le acque del lago e degli acquedotti venissero inquinate da sostanze come l’arsenico, sarebbe la fine per tutti loro. Quale politico si prenderà la responsabilità di far pendere questa spada di Damocle su un territorio così vasto e già così in affanno? Ci fosse anche un rischio minimo, che senso ha correrlo, dato che una volta che una catastrofe ecologica si avvera, non si può più tornare indietro?”, si chiede la Tamaro.
Altra domanda, più ampia: “Vale la pena correre un rischio del genere? E chi trarrebbe beneficio, nel territorio, da questo impianto? La società costruttrice certamente, oltre ai gestori di energia elettrica, ma siamo sicuri che – vista la rapidità e la meraviglia delle scoperte in questo campo, da ultimo quelle recentissime sulla fusione solare – nel giro di poco tempo queste torri nel deserto non diventino obsolete e non si trasformino invece nei soliti relitti, testimoni della politica dell’uovo oggi, di cui purtroppo il nostro Paese è già saturo”?
Insomma, dopo la nascita di un attivissimo comitato che si oppone all’impianto geotermico, arriva anche questa presa di posizione della scrittrice di origine triestina. Che lancia, a sua volta, una controproposta: “Una politica capace di visione dovrebbe avere altri piani per questa zona. Partendo da un serio e funzionante impianto depurativo per le acque del lago, passando a progettare una bella pista ciclabile che permetta di costeggiare in sicurezza tutto il perimetro dello stesso lago, fino ad ottenere una legge che imponga la valorizzazione e il restauro dei centri storici, frenando la proliferazione cancerosa delle lottizzazioni, che restano per lo più invendute svettando nel paesaggio come squallidi spettri dell’uovo raccolto dal politico di turno”.