“Tutta gente venuta a riverire Fioroni e a chiedere favori”. “Un modo per Beppe per dimostrare che è ancora potente e per non finire rottamato”. “La solita furbata, la solita paraculata“. “Come fate a credere che questo sia il nuovo? E’ solo il vecchio che si è dato una risciacquata in Urcionio”. Cose così, cose ascoltate prima, durante e dopo la tre giorni all’hotel Salus organizzata dall’Unione comunale del Partito democratico, intitolata “Mission impossible” e qui ribattezzata Leopeppa. Bene, parliamone.
Che l’evento alimentasse il chiacchiericcio di cui sopra, le frecciatine, il sarcasmo da Quattro salti in padella (basta tirarlo fuori dal freezer, passarlo nel microonde e servirlo in tavola) era ovvio. E’ sempre stato così, almeno da queste parti, e sempre lo sarà: voto 6, all’immutabilità del tempo e dei costumi. Ma qui non si vuole commentare l’invidia, la malizia, le illazioni suscitate dalla convention, perché sarebbe inutile, oltre che superficiale.
No, qui cerchiamo di lasciare da parte l’ingombrante ispiratore della tre giorni (cioè lo stesso Fioroni) e semmai citare quelli che l’hanno organizzata materialmente, i vari Calcagnini, Lagrimino, Minchella & Scorsi, voto 8 a tutti per la logistica impeccabile. E poi andiamo oltre.
Perché al netto dei giudizi salaci – che pure ci stanno -, restano i fatti. I numeri, soprattutto, con un migliaio di persone che ha partecipato ai tavoli tematici di giovedì e agli incontri con ministri e esponenti di partito venerdì e sabato (il dato è stato citato dal Corriere di Viterbo, e si basa sugli accrediti registrati). E mille persone sono tante, specie in questi tempi di presunta “disaffezione per la politica” – qualsiasi cosa essa sia – o peggio di antipolitica. Certo, non è detto, non è matematico, che le presenze si trasformino poi in voti, ma intanto il Pd ha dato una dimostrazione di forza importante, una base sulla quale lavorare per il suo futuro nella Tuscia, elettorale e non.
Cavoli loro, direte voi, cavoli del Pd. Sì. Ma dall’altra parte intanto cosa fanno? Oggi non è lontanamente immaginabile un’altra realtà locale che riesca a mobilitare tutte queste persone, simpatizzanti, amici, amici degli amici. Finiti i tempi delle adunate gigliane, col centrodestra in panne da anni, in attesa della definitiva esplosione dei salviniani, e coi grillini che vorrebbero ma non possono, questo è il quadro attuale. Piaccia o non piaccia.
Poi ci sarebbe un altro discorso. Per quanto, a qualcuno la Leopeppa possa essere sembrata una sofisticata celebrazione del potere fioroniana, ha portato anche dei contenuti. Intanto i tavoli tematici, presi in prestito dalla Leopolda renziana ma declinati in modo brillante e produttivo, con tanti partecipanti espressione sia della “società civile” (perché, esiste anche una società incivile? Voto 4) sia di ambienti diversi da quello del Pd. E poi tutto il resto: due ministri (Madia, voto 7.5 e Delrio, voto 5), il vicesegretario del partito, amministratori vari. Insomma, sarà stata anche una passerella, ma sulla quale hanno sfilato i contenuti. Anche quelli meno comodi, meno piacioni, dalla riforma della scuola – discussione animata anzicheno, voto 8 – al completamento della Trasversale. In questo, certamente, gli organizzatori del programma hanno dimostrato un bel coraggio, o forse un po’ di sana pazzia, e hanno lanciato un segnale: “Col Pd e nel Pd si può discutere di cose concrete”.
“La buona politica – ha sintetizzato in chiusura il sindaco Michelini – è anche parlare di argomenti difficili, è anche correre il rischio di prendere i fischi”. Nella speranza che attraverso percorsi ardui e dolorosi, le salite e le ricadute, un giorno, possibilmente entro il prossimo secolo, si forgi una classe dirigente in grado di risolvere i problemi di questa terra. Praticamente, una mission impossible, e voto 6.