“Ogni anno la stessa storia: mi tolgono il lavoro nel giorno più importante dell’anno”. E’ arrabbiatissimo (eufemismo) Pietro Durgali, il titolare de Il Molino, uno dei ristoranti più conosciuti, frequentati e apprezzati di Viterbo. Lui stasera dovrà chiudere cucina e tavoli, e non lavorare. Perché? “La polizia locale mi ha consegnato a mezzogiorno, tra l’altro in ritardo con le 48 ore di prammatica in questi casi, un’ordinanza del Comune che mi impone di chiudere entro le ore 23. Il che, per un ristorante nel giorno di Santa Rosa, equivale a non aprire proprio”, dice Durgali. Già: perché il 3 settembre si sa, si va a cena tardi, perché prima si assiste al Trasporto della Macchina.
Le ragioni di questa imposizione? “Lo spettacolo pirotecnico. I quattro fuochi d’artificio che spareranno per dieci minuti dopo il Trasporto della Macchina. Per così poco sarò costretto a chiudere – prosegue l’imprenditore – ed è il terzo anno consecutivo che succede, alla mia e a un’altra attività di ristorazione della valle. Assurdo. Dicono che è una questione di sicurezza, ma io rispondo: non si può pensare ad un’altra collocazione, a farli in un altro posto? Invece no, forse perché lorsignori possono vederli bene dal giardino di Palazzo dei priori, mentre degustano il buffet… Troppo comodo”.
Per Durgali invece è un danno economico consistente. “Ovvio. Perché questa è la sera in cui si lavora di più in tutto l’anno. Invece ho dovuto rispedire al mittente le prenotazioni che avevo ricevuto. Tante, tantissime, anche da fuori Viterbo: clienti affezionati che provengono da altre regioni. Sono stato corretto e ho spiegato loro questa situazione assurda, loro hanno sono stati comprensivi, ma mi domando: che figura ci fa l’amministrazione? La quale, tra l’altro, ancora mi deve pagare una cena istituzionale di due anni fa, quando venne una delegazione russa in visita: la Provincia, allora presieduta da Meroi, ha saldato regolarmente la sua parte, quella del Comune la sto ancora aspettando…”.
Sarà l’avvocato ad interessarsi della faccenda. Per l’altra invece difficile fare ricorso: bisognerebbe rivolgersi al Tar per impugnare l’ordinanza, con tempi e costi improponibili. Resta soltanto la rabbia di chi avrebbe voluto lavorare per Santa Rosa, offrendo piatti tipici in un’atmosfera famigliare, e che invece è costretto a restare chiuso per ordini superiori.