La lunga storia di Talete arriva all’epilogo. La diffusione delle cifre relative al 2014, con l’aggiunta della due diligence (l’analisi dei dati), sancisce quanto già si intuiva, se non addirittura si sapeva: la società di gestione idrica integrata della Tuscia naviga nei debiti. Sono 4,3 i milioni di euro di passivo relativi solamente alla gestione dello scorso anno, somma alla quale vanno aggiunti i passivi accumulati negli anni scorsi che portano il totale ad almeno una ventina di milioni, se non di più. Con un’appendice ancora più significativa, almeno agli occhi degli analisti finanziari e quindi dei potenziali investitori: il margine operativo lordo chiude in negativo per oltre 650mila euro. Il che significa, in parole povere, che nonostante il notevole afflusso di danaro nella casse dell’azienda non si riesce almeno ad arrivare al pareggio, quando si sottraggono le spese correnti. Un indicatore che testimonia di quanto, sebbene gli sforzi di contenimento dei costi siano consistenti, sia complicato gestire una società con queste caratteristiche.
La domanda che rimbalza in queste ore è molto semplice: che cosa accadrà adesso? Risposta impossibile prima dell’assemblea dei soci fissata per il prossimo 26 agosto a Palazzo Gentili. Riunione nella quale non solo si conosceranno capitolo per capitolo tutte le spese, ma nella quale i Comuni che posseggono le quote saranno chiamati ad esprimersi sul futuro di Talete. Con un convitato di pietra: la Regione Lazio. Ora, è vero che l’amministrazione Zingaretti non possiede quote e quindi non è direttamente coinvolta nella gestione operative, ma è altrettanto vero che la Pisana dovrà entro breve pronunciarsi e legiferare sul riordino degli Ato (gli Ambiti territoriali ottimali), cioè le zone in cui diviso il territorio regionale per la gestione delle risorse idriche e non solo. In questa ottica, torna d’attualità l’ipotesi di accorpare l’intero Lazio in un unico Ato, affidando la gestione ad un solo gestore, presumibilmente privato, ma lasciando che la maggioranza delle quote resti in mano pubblica. Ragionamenti che fanno venire l’orticaria a quanti (Movimento 5 Stelle e tante associazioni) sostengono che l’acqua è di tutti e tale deve rimanere. Assunto sul quale non c’è nemmeno bisogno di discutere, tanto è lapalissiano, ma qui il problema non è la proprietà di un bene comune, quanto la sua gestione. Che è faccenda ben diversa.
In Acea, il gestore per Roma, la proprietà è al 51% in mano al Comune capitolino, il resto (in varie proporzioni) è in possesso di privati e del mercato. Secondo gli ultimi dati conosciuti, Acea ha prodotto utili per oltre 60 milioni di euro, dei quali un po’ più della metà è finita nella casse del Campidoglio. C’è così tanto da scandalizzarsi di fronte a questo? Tanto più che, almeno nel caso della Tuscia, non sembra proprio che la gestione totalmente pubblica abbia prodotto risultati probanti, se non una marea di debiti.
La domanda precedente acquista ancora più vigore se si pensa che ad eventuali ricapitalizzazioni dovrebbero provvedere i Comuni: ipotesi da non prendere neppure in considerazione viste le condizioni in cui versano le amministrazioni comunali. E allora chi dovrà metter mano al portafoglio? E qui il rebus diventa ancor più complicato. Se Talete fosse una società qualunque, non ci sarebbe altra soluzione se non quella di prendere i libri contabili e portarli in tribunale, ma quella è una società particolare (per la quale comunque è valido il codice civile) che, per di più, esplica un servizio essenziale e insostituibile. E allora si torna alla casella di partenza: i Comuni non hanno mezzi per ricapitalizzare e coprire le perdite, la Regione non ha i titoli per farlo direttamente, quindi l’unica soluzione sta nell’ingresso dei privati. Quando e in che modo si vedrà, ma al momento non sembrano profilarsi all’orizzonte soluzioni granché differenti.
In tutto questo balletto, ad essere seriamente preoccupati sono i 150 lavoratori. E proprio per parlare di questa situazione oggi in Regione, l’assessore Refrigeri ha convocato un incontro con i sindacati, alla presenza anche dei consiglieri regionali Panunzi e Valentini. Se ne saprà qualcosa di più, al di là delle rassicurazioni di prammatica? La speranza è che i discorsi siano concreti: almeno a livello di intenzioni, il delfino di Zingaretti qualcosa dovrà necessariamente mettere sul tavolo.