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Talete, nulla di fatto: serve un’altra assemblea

I sindaci chiedono chiarimenti e prendono tempo. Lavoratori sul piede di guerra

Il tavolo della presidenza dell'assemblea dei soci della Talete

Il tavolo della presidenza dell’assemblea Talete

Passaggio a vuoto. L’assemblea dei soci Talete si chiude con un nulla di fatto che lascia irrisolti e anzi aggrava i (tanti) problemi sul tappeto e accentua il disagio dei lavoratori che si radunano compostamente su via Saffi, all’esterno di palazzo Gentili. Settanta minuti di attesa (l’appuntamento è per le 10,30, ma si comincia alle 11,40) e meno di un quarto d’ora per chiudere in fretta e furia la riunione. Sul tappeto ci sono due diligence (l’analisi dei conti) e approvazione del bilancio: gli argomenti non vengono neanche sfiorati. Il presidente dell’Ato (e della Provincia) Mauro Mazzola legge uno stringato ordine del giorno in cui si chiede una nuova convocazione dell’assemblea dopo aver ottenuto ulteriori chiarimenti. Una pausa di riflessione per fare chiarezza. Cosa ci sia ancora da chiarire è tutto da scoprire, ma tant’è… A seguire, l’intervento del rappresentante del comune di Vetralla che presenta un documento siglato da tutti i sindaci di centrodestra. Pesanti le critiche al cda che non avrebbe tenuto conto nel bilancio presentato di alcuni crediti vantati da Talete  nei confronti dei comuni di Viterbo e Civita Castellana (circa 2 milioni di euro), che non ha ottenuto l’ok dal collegio dei sindaci revisori, che non ha chiesto il controllo analogo (previsto dalla legge) all’Ato.

E poi si evocano anche interventi da parte della Regione (che sul documento contabile non c’entra nulla, non essendo socio) e addirittura anche dell’autorità dell’energia (anch’essa incompetente sul bilancio). Pochi minuti e si vota (presenti 21 sindaci su 51 in rappresentanza di oltre il 71% delle quote societarie) per appello nominale: all’unanimità viene approvato il lodo-Mazzola. Ci sarà un’altra assemblea. Amen.

Un’altra tappa del lungo calvario Talete e un allungamento dei tempi. Quando si potrà chiudere la partita? Impossibile ogni tipo di previsione. Non resta che prendere atto di una sostanziale incapacità della politica a prendere decisioni, ad assumersi responsabilità che non possono essere delegate ad altri. Vale la pena sommessamente ricordare che con una siffatta situazione economica e finanziaria, il futuro di Talete è appeso al classico filo che può spezzarsi da un momento all’altro. Basta che un qualunque fornitore decida di non avere più pazienza e chieda di essere liquidato e il castello crolla. Inesorabilmente. Mazzola (che al termine riceverà anche una delegazione di sindacalisti) cerca di rassicurare tutti: “La volontà comune è di non disperdere il patrimonio di questa azienda. Vogliamo che viva e viva bene. E vogliamo rilanciarla. E proprio per questi ragioni, abbiamo chiesto un po’ di tempo in modo da avere tutti gli elementi utili per decidere”. In una nota l’azienda di gestione idrica sottolinea che “l’assemblea sarà riconvocata non appena saranno forniti chiarimenti sul progetto di bilancio da Talete spa, Conferenza Ato, Regione Lazio e Autorità nazionale energia, gas e servizi idrici”. E aggiunge una postilla, peraltro già anticipata da Viterbopost: “Il collegio dei sindaci revisori non ha espresso nessun parere sul progetto di bilancio, al tempo stesso ha però dichiarato che il bilancio è stato redatto conformemente ai principi contabili. Eccependo solo sulla continuità aziendale e su alcune poste contabili”.

La silenziosa protesta dei lavoratori

La silenziosa e composta protesta dei lavoratori

Sul volto dei dipendenti si coglie delusione prima che rabbia. Quasi rassegnazione. Ascoltano i sindacalisti, temono per gli stipendi. La decisione di non decidere li ferisce. “Il 4 agosto – tuona un rappresentante sindacale – siamo stati a Roma convocati dall’assessore Refrigeri, che aveva annunciato novità senza specificare quali e che aveva anche assicurato che ci avrebbe riconvocati entro Ferragosto. Io non ho ricevuto alcuna comunicazione e nemmeno i miei colleghi… Adesso torneremo alla carica con la Regione, interesseremo nuovamente il prefetto perché qui si tratta di un servizio essenziale e prepariamoci alla mobilitazione: così non si può andare avanti”.

Insomma, un semplice prender tempo. Ma il tempo è già abbondantemente scaduto e le responsabilità sono di tutti: amministratori e sindaci di qualunque parte politica. Non decidere è un danno per la società, i dipendenti e i cittadini che pagano bollette anche salate. Se 70 minuti di ritardo sono serviti (presenti i sindaci dei comuni più grandi e anche il segretario provinciale del Pd, Andrea Egidi) per partorire semplicemente uno spostamento del problema nel tempo, allora si può arrivare ad un’unica, amara conclusione: la politica ha fallito e la gestione pubblica delle risorse idriche non è possibile. Di fronte a tale tracollo, non resta che affidarsi ai privati. Che non sono affatto il male assoluto e che sapranno fare sicuramente meglio. Non è che ci voglia poi tanto…

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