Anche questo è un record. Del quale c’è ben poco da essere fieri, tanto più che si vanno a colpire i cittadini più deboli e indifesi. Cioè proprio quelli che avrebbero maggiormente bisogno di assistenza e di sostegno. Si parla delle Rsa, cioè le Residenze sanitarie assistite. Quelle del Lazio, per la precisione, dove si pagano rette tra le più elevate in Italia. E’ Giancarlo Turchetti, segretario generale della Uil di Viterbo, a rendere noto il triste primato. Con un’aggiunta tutt’altro che trascurabile: “Se ciò non bastasse, sono state ulteriormente aumentate a causa delle disposizioni regionali in materia di calcolo del nuovo Isee”.
Dunuqe, non solo si paga parecchio, molto più che in altre parti d’Italia, ma le fasce di esenzione si sono ulteriormente ristrette.”Il nuovo Isee – spiega Turchetti – penalizza ancora di più i soggetti deboli, poiché nel computo del reddito sono stati inclusianche i familiari. Il nuovo Isee, infatti, cumula i redditi del soggetto ospite con quelli dei familiari, anche se non conviventi e fissa come tetto massimo per accedere all’esenzione il reddito di 13mila euro. Una tassa occulta che genera l’ennesima ingiustizia sociale. Questa volta ai danni degli anziani, beffati non solo da tariffe regionali record, ma anche dall’entrata in vigore delle nuove misure che molti comuni stanno applicando retrodatandole al 1 gennaio di quest’anno”.
La conferma di una situazione complicata per parecchie famiglie arriva dagli operatori dei Ccentri di assistenza fiscale della Uil che in questi giorni sono alle prese con le difficoltà oggettive del nuovo ISEE, i relativi ritardi e ancor più “con veri e propri drammi personali: anziani che non hanno più rapporti con i figli che, però, devono ugualmente essere inseriti all’interno dell’Isee, redditi minimi che aumentano improvvisamente proprio a causa del nuovo computo e non da ultima la paura di essere mandati via dalle strutture”, aggiunge sconsolato Turchetti.
“Come è accaduto a Paolo e Marcella – aggiunge il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, Alberto Civica – due coniugi ottantenni da tre anni residenti all’interno di una Rsa. Una retta complessiva di 2.000 euro, ovvero l’importo delle due pensioni. Retta che oggi è salita a 3.000 euro, pertanto non più gestibile dai due anziani che hanno dovuto far ritorno alla propria abitazione. Situazione non unica, visto che sono sempre meno gli anziani ospitati nelle strutture. E non certo per carenza di richieste. Attualmente sono oltre 8.000 gli ospiti delle Rsa, cui si aggiungono oltre 40mila in lista di attesa. Ottomila ospiti per i quali la retta si aggira sui 3mila euro mensili: metà a carico del fondo sanitario nazionale e metà a carico dell’assistito, con la possibile compartecipazione dei Comuni per gli indigenti”.
“Ma i Comuni – sottolinea Civica – hanno difficoltà a reggere tali costi e sono indietro con i pagamenti, spesso agiscono d’ufficio e non intendono aprire alcun confronto. Con tutte le conseguenze del caso. Al costo proibitivo delle strutture si aggiunge la minaccia di riduzione del personale da parte dei proprietari delle Rsa, cui non vengono garantiti i pagamenti delle rette”.
“In alcune Asl della Capitale – conclude la Uil – sono state aperte nuove strutture che a oggi non hanno ricevuto alcun paziente. Altre strutture sono occupate soltanto per il 50% – 60% dei posti disponibili. Se a ciò si aggiunge il taglio al fondo sociale da parte della Regione Lazio che ha destinato alle realtà assistenziali solo 15 milioni, contro i 75 di prima e la crisi economica, con la riduzione dei redditi e delle pensioni, si comprende come le Residenze sanitarie assistite siano divenute oramai roba da ricchi. E non possiamo assolutamente permetterlo. E’ un problema che riguarda migliaia di persone della nostra regione. Ma soprattutto è un problema di civiltà”.