Già all’epoca dei Romani, quelli antichi, per strada c’era traffico. Così, per collegare la Cassia all’Aurelia, si decise di costruire la Clodia. E probabilmente ci volle meno tempo di quanto ce ne vorrà per realizzare la trasversale Orte-Civitavecchia. Ma questo è un altro discorso.
La stessa Clodia, proseguendo, sfruttava nella Tuscia un tratto già esistente. Quello cosiddetto della “Cava buia”, tra Viterbo e Vetralla, in uno dei lembi italiani di maggiore interesse dal punto di vista storico-archeologico. Ed eccoci arrivati a Norchia. Sito preistorico, etrusco, romano e medievale. Nel quale si è appena chiusa la campagna di scavo nell’area della “Tomba a casetta”.
Tra il 2013 e il 2014 Archeotuscia onlus, grazie ad un’attenta investigazione, ritrovò un affascinante corredo ceramico. Diciassette vasi, per la precisione (IV-III secolo a.C.). Che attualmente sono esposti al museo della Rocca Albornoz.
In virtù dell’ottimo risultato, la Soprintendenza ha affidato una seconda concessione di scavo. Si è pulita la tomba di cui sopra. E se ne è trovata una in scala più piccola a fianco. Con tanto di corredo (anch’esso più modesto). Che a breve verrà restaurato e piazzato vicino all’altro, sempre al museo.
I due ospitati, probabilmente, erano parenti. Ma non è questo il punto. Quindi, come si riesce ancora a scavare nel 2015? Nel senso, dove si pigliano i soldi in epoca di tagli e sforbiciate? “Qui subentriamo noi – dice Lorenzo Benini, imprenditore – che siamo un trust di scopo chiamato Sostratos. Finanziamo il tutto, e gestiamo il lato economico della faccenda. Cooperando di pari passo con le pubbliche amministrazioni, quelle sensibili. Con le associazioni, vedi Archeotuscia. Con le Università, come quella dell’Arizona che sta operando proprio ora con noi a Orvieto”.
Interessante. Meglio approfondire. “Siamo quattro imprenditori – prosegue – due fiorentini e due piemontesi di Saluzzo. Alle spalle abbiamo aziende che credono nel progetto e lo supportano con piccoli contributi. Soldi che poi scaricano dalle tasse, regolarmente e con convenienza. Noi, quanto raccolto, ce lo facciamo bastare. Pagando, e in breve tempo, chi assumiamo. Portando alla luce risultati come Norchia, come Orvieto ora. Come Firenze prima. Tutto qua”.
In sostanza, grazie ad un trust si saltano quei consueti 35-40 passaggi che tanto piacciono agli italiani. Pertanto una zappa costa 7 euro, e non 70 (quanto la pagherebbe qualsiasi ente statale). E questo dato fa tanto ripensare ai famosi rotoli di carta igienica ospedalieri che, da una mano all’altra, arrivavano a quasi tre euro l’uno.
E perché allora, non applicare lo stesso sistema (o uno simile) a qualsiasi altro campo in difficoltà? C’è l’imbarazzo della scelta, aprendo le finestre di casa. “Fuori Italia si fa, e da molto – chiude Benini – qui, pare ci stiamo arrivando. In fin dei conti non ci siamo inventati nulla. Facciamo impresa, in modo oculato. E siamo ben lieti da raggiungere obiettivi importanti”.