Per favore, spiegate a Vittorio Sgarbi che quando capita in zona sarebbe il caso che urlasse “pecora-pecora-pecora” anziché “capra-capra-capra”, come di solito invece usa. Col suo fare dolce, cortese e tutt’altro che aggressivo.
Perché? Semplice. Perché la Tuscia vanta la metà precisa del patrimonio ovino laziale. Ossia, calcolatrici alla zampa, da queste parti abbiamo pressappoco seicentomila capi. Si, 600mila. Che a numero rende meglio. Dislocati nelle novecento imprese a tema, su un totale (sempre regionale) di tremila.
Insomma. Quando si tratta di pecore ce la comandiamo.
E, per continuare a dare due numeri, ecco la griglia dei borghi più densamente popolati.
In testa c’è il capoluogo, Viterbo, con circa 50mila ragazze dal pelo bianco. A seguire Montalto di Castro e Canino, 30mila a testa. Appresso Farnese, Ischia di Castro, Arlena, Tessennano, Tuscania e Montefiascone. Il cui totale fa ancora 50mila.
Ecco. Proprio a Farnese, stamane (alle 10 e di dentro l’oratorio “Madonna delle Grazie”) si snocciolerà il convengo dal titolo che non lascia dubbi: “Valorizzazione e promozione delle produzioni ovicaprine quale veicolo di sviluppo del territorio”. De leggere tutto d’un fiato.
L’organizzazione vede tre attori protagonisti. Il Comune, la Coldiretti, e l’associazione “Agropastorizia farnesana sarda”. Che non è una contrapposizione in termini. Ma, anzi, ricorda quanti isolani vivono da decenni (e di agricoltura) nel paese dell’Alta Tuscia.
Il fine nobile dell’incontro invece è quello di “riportare l’attenzione su questo settore spesso non degnamente ricordato e valorizzato per l’importanza che rappresenta nel mondo agricolo”, sempre senza virgole.
Il contesto infine è la “Festa della pastorizia”, che si tiene in loco durante il weekend.
La Tuscia, coi suoi 16milioni di litri di latte, partecipa attivamente alla diffusione su scala mondiale del pecorino e della ricotta romani, ambedue Dop. Nonché dell’Igp “abbacchio”, pure lui capitolino.
“Il settore ha contribuito a svolgere azioni di salvaguardia del territorio – dicono i vertici Coldiretti – soprattutto in zone marginali dove, se non fosse stato presente l’allevamento ovino, avremmo assistito ad un abbandono totale delle terre”.
Interverranno al dibattito mattutino il presidente Coldiretti Mauro Pacifici, il direttore Ermanno Mazzetti, e i due Biagini. Il sindaco Massimo e il presidente dell’Agropastorizia Maurizio. Presenti pure Stefano Sanna (Assonapa), Claudio Celletti (Consorzio tutela abbacchio romano Igp) e Andrea Fugaro (Caa Coldiretti Lazio).
E chi non viene è un caprone.