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La ricetta segreta Tuscia in Jazz? Semplicità

Mostri sacri dello spartito si mescolano con alunni e mangiano i pomodori ripieni

Roberto Gatto a cena con chi capita, e felice

Roberto Gatto a cena con chi capita, e felice

Quali sono gli ingredienti indispensabili affinché una manifestazione culturale possa durare (e addirittura crescere) nel tempo? I pomodori, innanzitutto. Che vanno riempiti col riso e serviti con le patate al forno. Poi, la lasagna. A scelta: rossa per chi ama le cose classiche. Bianca, per chi vuol azzardare. In quanto arricchita di besciamella, salsiccia e piselli. Ancora: la verza, le zucchine ripiene di ciccia, la pansanella. E, per chiudere, sua maestà la crostata.
Ecco. Questo può bastare. Questa, è l’anima del Tuscia in jazz spring. Il festival musicale in corso d’opera a Bagnoregio. In piazza Biondini, a due passi da Civita che muore e che tutti vogliono salvare.
Da un lato ci stanno i nomi (veri) dello spartito. Peter Erskine, Palle Danielsson, Robert Glasper, Elisabetta Antonini, Aldo Bassi e via dicendo. Colonne portanti, e mondiali, del panorama jazz.
Dall’altro ci sta la mamma di Italo Leali, il direttore (per chi non lo sapesse). Una signora tutto pepe che cucina ogni santa sera per più di cento persone. Senza mai battere ciglio. Senza il problema di chiedersi chi ha davanti. Al massimo si fa aiutare un poco dal marito.

Lasagna bianca, salsiccia e patate

Lasagna bianca, salsiccia e patate

E così, può capitare che prima di un concerto si sieda al tavolo Roberto Gatto. “Dove mi metto signora?”, chiede il batterista romano, uno che ha picchiato su cassa e rullante in ogni pinzo del globo. “Dottepare“, la risposta secca. “Dotte-pare. Interessante”, ci riflette sopra Gatto. “Chetteporto?”, si prosegue. “Una cosina leggera, grazie”. “Mica starai male? Ce penso io. Pomodori col riso, patate e verdura. Italo, tu ntanto aprije il vino bono“. E giù, il direttore Leali diventa barman. Nel mentre che il responsabile della comunicazione Luca Ciccioni da una mano ad apparecchiare. Passa il sassofonista Rosario Giuliani, decide di fermarsi. Ed il fonico “assoluto”, Mirko Gerunzi, intrattiene gli ospiti con aneddoti senza tempo: “Oh – apre sorridendo – Anzovino s’è presentato col tecnico delle luci. Noi c’avemo quattro faretti in tutto. Poraccio. Lo voleva spostà uno, toglierlo dagli alberi per girarlo sul palco. Ma che sei matto? J’ho detto. Se illumini di più il palco se riempie de animali. È estate. Ma che ne sanno questi…”. E tutti a ridere.

Il concerto di Gatto, quasi 300 spettatori

Il concerto di Gatto, quasi 300 spettatori

E comincia il concerto. E tra il pubblico c’è una coppia di americani che sta in affitto a Civita. E che, dopo la prima serata, ha deciso di iscriversi ai corsi. Insieme al duo a stelle e strisce più di cento ragazzi. Corsisti, seminaristi, o chiamateli come volete. Passaporti vicini e lontani. Talenti in erba, che magari si bruceranno. O futuri fenomeni. Tutti trattati allo stesso modo. Tutti amici. “Perché noi ti diamo del tu – chiude Italo – e due chiacchiere al bar ci fa sempre piacere di farle”.
Chiunque tu sia, insomma, benvenuto o bentornato al Tuscia in jazz. I pomodori stanno in caldo, due minuti e si mangia.

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