Perché si dovrebbero tirar fuori dieci euro di biglietto per entrare alla notte in jazz a Civita di Bagnoregio? “Perché abbiamo preparato sei concerti e diverse sorprese – replica così l’ideatore del pacchetto, Italo Leali – che hanno un costo. Così come del resto vogliamo pagare ogni singola persona che lavora per o con noi. Buona serata e buon ascolto”.
Si apre in questo modo, con una risposta verbale ad una domanda virtuale (da rosicone) inviata su Facebook, la serata più importante del Tuscia in jazz spring. Quella di raccordo. La ciliegina sulla torta.
I musicisti son saliti strumenti a spalla fin lassù. Attraversando il ponte. Toccando con mano tutte quelle scope di bambù con campanelli che rendono meno faticosa la scarpinata. Appresso a loro oltre mille persone. Turisti. Curiosi. Appassionati. Genitori. Orientali (quelli non mancano mai). Sindaco Bigiotti. E chi più ne ha più ne metta. Una processione lenta, ordinata e costante, che ha gonfiato la delicata città sospesa nel nulla. Locali pieni zeppi. Bar affollatissimi. Panini, granite, birretta, andati a ruba.
E poi i concerti. O meglio, il concerto lungo. Perché il programma studiato ad hoc dalla truppa di casa ha dimostrato (se mai ce ne fosse stato bisogno) quanto siano professionali e duttili questi signori. Una decina di ore di jazz consecutivo sarebbero state troppe, chiaramente. Quindi spazio a Ivan Segreto (che da lì viene, ma con raccordi più dolci). Spazio ai seminaristi in “combo”. E per uno che arriva da Los Angeles per imparare a suonare il sax, trovarsi su quel palco, con tutta quella gente, in quel posto, dev’essere un sogno ad occhi aperti. Spazio alle jam degli insegnanti. Divertentissime. Poiché gli insegnanti sono i migliori artisti italiani e spesso anche i migliori artisti del mondo. E quindi sanno adattarsi. Anzi, vogliono adattarsi. Perché il Tuscia in jazz è ormai un patrimonio nazionale (sì, proprio come Civita). E pertanto va difeso e coccolato.
E quindi può succedere che un protagonista come Enrico Miannulli sia costretto a dover disdire la sua performance. Causa, un grave lutto familiare. Nessun problema. L’abbraccio al contrabbassista viterbese arriva dal palco, con tanto di applauso. E l’amico Rosario Giuliani copre il buco con un live dei suoi.
È tarda notte e c’è ancora musica e c’è ancora gente. Sulle pareti di pietra scorrono lente le parole del poeta Alessandro Vettori. I seminaristi si salutano. Sono cento e più. Si danno appuntamento al prossimo approfondimento. Magari a Viterbo per Pasqua.
Cala il sipario. Si chiude il Tuscia in jazz. Appuntamento al 2016.