La prima pennellata è verde, il verde delle due stelle che adornano la bandiera della Siria, ma soprattutto il verde della speranza. Speranza di questo pomeriggio appiccicoso d’estate: che padre Paolo Dall’Oglio torni presto, che si sappia che sia vivo. Da due anni il gesuita è nelle mani dei rapitori, proprio in quella Siria dove aveva predicato a lungo la sua dottrina per il dialogo interreligioso. Chi lo tenga prigioniero non si sa: forse Al Qaeda, forse l’Isis, forse qualche banda di fanatici senza nome. E quando periodicamente si diffonde la voce di una sua uccisione, sono brividi e paura.
“Tu sei la Syria che vogliamo”, scrivono in rosso su un altro dei quattro drappi che recano le immagini stilizzate di padre Paolo. “Ecco, se deve scegliere una foto per il suo articolo scelga quella”, dice il fratello di Dall’Oglio, Pietro. E’ venuto anche lui, oggi a Viterbo, per questo momento. Insieme a lui ci sono i 32 rifugiati siriani che dallo scorso 18 luglio sono ospiti in città grazie a Syriaza, che detto così sembrerebbe un mediocre film con George Clooney e che invece è il progetto benemerito di Caffeina (in versione “for peace”) e l’associazione romana Ara pacis. Stanno qui, i siriani, ospiti di ostelli e b&b locali, fanno cose – dipingono, cantano, scrivano, parlano – e vedono gente. Appena giovedì erano a Roma, Montecitorio, dalla presidente della Camera Laura Boldrini, una che nel settore umanitario internazionale ha costruito la sua carriera.
E oggi sono qui, in piazza del Comune, tra musica e disegni. Pietro Dall’Oglio accarezza le percussioni e intona le note della sua “Abuna Paolo”, che in arabo vuol dire “Padre Paolo” e che è la melodia per suo fratello, composta da lui, che è il cantautore e gira l’Italia: “E’ un appuntamento importante – dice a Viterbopost – affinché la storia di mio fratello non venga dimenticata. E che siano proprio dei ragazzi siriani a chiedere la sua liberazione mi riempie d’orgoglio”.
Da Palazzo dei priori infognato nella discussione del bilancio (auguri vivissimi) scende il sindaco Michelini e i due consiglieri Insogna a Moltoni, freschi di costituzione del nuovo gruppo Gal. Chiedono, s’informano, si fanno raccontare storie da questi ragazzi, da questi uomini, da queste famiglie scappate dalla patria – una patria che era cosmopolita, e aperta – attraverso mille peripezie, e ora approdate in Europa. C’è chi vive a Londra, chi a Parigi, chi in Italia e chi in Spagna: dialetti e idiomi s’intrecciano lungo la piazza, musulmani, cattolici, drusi insieme, bambini che corrono e che scherzano. La Digos che guarda da lontano, discreta, e che dicono sia stata preziosa nel seguire in questi giorni il gruppo. Per Caffeina, c’è il Baffo (Andrea), e altri ragazzi come Giuseppe: l’organizzazione, la logistica, è stata esemplare.
Alle sei e dieci si comincia a disegnare, la musica che risuona, il volto di Paolo Dall’Oglio che spicca sul selciato, i turisti che chiedono cosa sia questa cosa. E’ un momento di civiltà. Attraverso i continenti e le guerre, oltre le religioni, senza pacifismo peloso. Padre Paolo, sei la Siria che vogliamo costruire, scrivono su un altro manifesto. “Vogliamo”, e non “vorremmo”: non è più una speranza, è già una promessa.