Anche le storie più intense finiscono. E questa sì che è stata una storia intensa, tra incontri in cantina, caramelle all’aglio e un giocatore in crisi diventato campione. E’ finita la storia professionale tra Leonardo Bonucci e il suo motivatore Alberto Ferrarini. Ne ha dato notizia la Gazzetta dello sport, avanzando anche un’ipotesi sulle cause (screzi con la Juventus) subito smentite però dallo stesso Ferrarini: “La motivazione è personale”, ha motivato il motivatore.
Il rapporto professionale andava avanti da sette anni. E aveva sollevato la curiosità di tutto il mondo del calcio, che grazie a Bonucci e Ferrarini ha scoperto una nuova figura professionale, già utilizzata in tanti sport professionisti americani ma che qui da noi era ancora mezza sconosciuta. Le strade dei due s’erano incrociate nel 2008, quando il ventenne Bonucci – ex promessa della Primavera dell’Inter – languiva in prestito tra le nebbie della marca trevigiana, in serie B. Per il difensore centrale viterbese sembrava non essere scattata quella scintilla che trasforma i giovani talenti in giocatori di serie A: “Elegante sì, ma si distrae troppo e quando sei un difensore centrale non puoi permetterci certi errori”, dicevano. Poi arrivò Ferrarini. Che, a sentire lui, ha cominciato a lavorare sull’aspetto psicologico di Leonardo (anche perché i mezzi tecnici non si discutevano).
“Un giorno lo portai nella mia cantina, al buio, e gli dissi cose non piacevoli e se serviva gli davo anche dei pugni”, ha raccontato lo stesso Ferrarini, che Leo chiama, o forse chiamava “Capitano” mentre lui, Leo, era chiamato Soldato. “La prima volta ho avuto paura. In meno di 30’ mi aveva detto delle cose talmente personali da impressionarmi – spiegò Bonucci alla Gazzetta dello sport – Chi era questo sconosciuto che scavava dentro di me dando l’impressione di conoscermi da sempre? “Leo, lascialo stare” ripetevo nei 10 giorni successivi. E invece… Allora frequentavo la tribuna dello stadio di Treviso oggi sono alla Juve e in Nazionale. Come mi aveva scritto in un bigliettino dopo il terzo incontro”. Motivatore, e anche veggente. E sicuramente non privo di fantasia, il Ferrarini, come quella volta, nell’ottobre dell’anno scorso prima del match scudetto dello Juventus stadium contro la Roma, che consegnò al suo adepto delle caramelle all’aglio: “Gli antichi guerrieri mangiavano l’aglio per darsi forza, così Leo si è sentito come loro”. E ha segnato il gol della vittoria, il 3-2 con un tiro da fuoriarea che spezzò ogni ambizione dei giallorossi. Nel frattempo, il motivatore era diventato di moda, tra i suoi clienti anche Toldo e Gilardino. Oggi non più Bonucci, che d’ora in poi camminerà da solo. E visto che appena sabato scorso ha già alzato il primo trofeo della stagione (la Supercoppa italiana, vinta contro la Lazio) non sembra aver perso motivazioni..