“La ripresa è ancora troppo debole per poter parlare di una reale inversione di tendenza. Io spero, anzi sono convinto, che si tratti solo di un problema di tempi: la crisi da noi è arrivata più tardi e quindi anche la ripartenza avviene con ritardo rispetto al resto del Paese”. Andrea De Simone, direttore di Confartigianato Viterbo, è razionalmente fiducioso su un autunno, ormai prossimo, in grado di confermare anche segnali positivi che pure si sono manifestati nel corso degli ultimi mesi.
“Dal mio punto di vista e da quello della categoria che rappresento – spiega – guardo con molta attenzione a quanto avviene nel settore dell’edilizia. Quello è un termometro sensibile: se si riprende a lavorare, riparte tutto il comparto degli artigiani che operano nelle costruzioni. L’elenco è lungo e anche noto, vale solo la pena ricordare che in un complesso edilizio sono coinvolti idraulici, falegnami, piastrellisti… Esattamente il tessuto della piccola e piccolissima impresa che costituisce la larghissima maggioranza delle imprese della Tuscia”. E’ evidente, comunque, che non si parla di grandi costruzioni e di grandi complessi residenziali… “No, non avrebbero senso e non avrebbero neppure un sufficiente mercato. Parlo di interventi di ristrutturazione, di ammodernamento, riqualificazione; parlo dei centri storici sui quali c’è ancora tantissimo da fare e da programmare. E’ un settore che segna ancora il passo,a parte qualche sporadico esempio, e questo non può che suscitare qualche legittima perplessità da parte mia”.
C’è però qualche elemento che induce all’ottimismo? “Non c’è dubbio che il comparto turistico stia facendo segnare cenni di risveglio. Sono rimasto a Viterbo per tutta la settimana di Ferragosto e ho notato, rispetto agli anni precedenti, che non si è registrato il deserto, soprattutto nella parte centrale della città: molti esercizi aperti, buon movimento di gente. Accanto a questo non posso non segnalare che, ad esempio, sul litorale dove mi trovo nel momento in cui parlo, il turismo è tutt’altro che stanziale: gran pienone, ma fatto di famiglie che scelgono di passare una giornata al mare. Il classico ‘mordi e fuggi’, insomma”. Eppure si è sempre parlato di turismo e cultura come degli assi portanti per lo sviluppo di questa terra. “Completamente d’accordo, ma alla resa dei conti la cultura a Viterbo è attualmente solo Caffeina. Ci sono tante iniziative, anche molto valide, ma sono estemporanee. Manca un filo conduttore unitario e così anche le migliori intenzioni si infrangono nell’estemporaneità. Anche in questo settore c’è ancora molto da fare: unire le forze, le competenze e ovviamente le risorse mi pare una strada pressoché obbligata”.
C’è qualcosa da segnalare nell’estate che imboccato la fase conclusiva? “L’agroalimentare sta andando benissimo. E’ un settore nel quale produttori e imprenditori hanno imboccato da tempo la strada della qualità e della competitività anche su mercati per così dire esterni. E i risultati non mancano”.
Che cosa si aspetta alla ripresa completa delle attività? “Non particolari novità, magari faremo una preghiera particolare e più intensa a Santa Rosa… Quest’anno poi con la splendida nuova Macchina, le emozioni saranno ancora maggiori”. A parte gli interventi… dall’alto? “Vanno consolidati gli accenni di uscita dalla crisi, nella quale siamo ancora in gran parte dentro”. E se avesse una bacchetta magica? “Il mio tocco si rivolgerebbe immediatamente verso il sistema creditizio. Le banche, tramite i cospicui finanziamenti della Bce, sono piene di soldi. Che vanno assolutamente utilizzati per dare respiro al sistema produttivo. Senza benzina, anche la fuoriserie più equipaggiata, non cammina; senza carburante, persino una Ferrari rimane ferma ai box. E il carburante delle imprese è il credito. In questo senso, è apprezzabile il lavoro che stanno compiendo le banche locali che riescono ad essere vicine alle imprese. Da questo discorso, invece, mi pare che siano tagliate fuori le grandi banche nazionali che pure sono presenti sul territorio. Ma le dimensioni abbastanza piccole delle nostre aziende evidentemente impedisce un rapporto più concreto e produttivo. E allora il mio appello va agli istituti del territorio, al credito cooperativo per essere ancora più vicini nel sostegno delle imprese. E’ una benzina che costa un po’, ma almeno la macchina cammina…”.