Quindici anni dopo, ad un oceano, l’Atlantico, di distanza, ci sono due pezzi di storia del basket viterbese uno di fronte all’altro. Sembra fantascienza, o una di quelle storie buoniste da film americano. E invece no, è un incrocio che solo lo sport ad alto livello può regalare. Loro sono Stefano Sbarra e Alessandro Angeli, due modi diversi di fare il playmaker, la stessa, spiccicata classe nelle mani e nella testa. E si sono affrontati nei quarti di finale dei Mondiali over 50 che si stanno svolgendo a Orlando, perla della Florida nonché città che con i Magic di Shaq fece meraviglie della Nba negli anni Novanta.
Ai campionati iridati l’Italia aveva portato due formazioni: l’Italia A, allenata dal grande Alberto Bucci, campione mondiale in carica (oro a Salonicco 2013), e l’Italia B di coach Ritacca. Nella A gioca Stefano Sbarra, e insieme a lui altre mezze leggende dei canestri italiani, da Mario Boni a Bullara fino a Carera. Nella B, invece, oltre ad Angeli anche Gay. Dopo aver superato agilmente i gironi eliminatori, le due squadre azzurre si sono dovute affrontare per regolamento nei quarti (una Nazione non può portare due squadre in semifinale). Ha vinto a sorpresa l’Italia B, 60-55, trascinata appunto da Angeli, autore di 25 punti, mentre la squadra di Sbarra (10 punti e canestri pesanti) ha pagato l’espulsione di Boni proprio in apertura di partita. Ieri notte l’Italia B ha affrontato in semifinale i temibilissimi padroni di casa degli Stati Uniti.
E’ questa l’ennesima puntata di una rivalità, quella tra Angeli e Sbarra, decennale, che visse uno dei momenti più infuocati nella stagione 1999-2000 a Viterbo, nell’ultimo anno di serie B d’Eccellenza prima della cessione del titolo sportivo a Cagliari. Angeli era arrivato quell’anno, preso dal presidente Enzo Colonna e dal general manager Rozzi per puntare ad una salvezza tranquilla. Sbarra invece c’era dall’inizio di quell’avventura, dalla finale per la serie A contro Livorno, dagli epici derby col Rieti. Insieme a Marco Tirelli era la bandiera della squadra, l’idolo dei tifosi, il signore del parquet col suo impeccabile stile cadenzato, i tiri da tre, gli assist sublimi (ne fece 10 in un solo match, il derby vinto al PalaLoniano di Rieti). Aveva giocato con il grande Banco Roma, insieme a Larry Wright. Angeli invece quello esuberante, capace di canestri da metà campo, penetrazioni vincenti e provocazioni irritanti: la leggenda narra che rifiutò persino una maglia alla Virtus Bologna, perché non gli garantivano un posto da titolare.
Impossibile la convivenza tra due prime donne del genere, che si spaccarono in due fazioni: i pro Sbarra e i pro Angeli. In inverno Stefano se ne andò, tornò a Roma (liberando tra l’altro la società, allora in crisi, da un ingaggio pesante) e Angeli divenne il leader assoluto in campo e nello spogliatoio. Fu lui a conquistare la salvezza, in un memorabile playout contro Trapani che vinse praticamente da solo. Allenatore era Andrea Masini, altra leggenda. Ma poco dopo la Libertas fu costretta a chiudere i battenti e a cedere il titolo.
L’altro giorno, sotto il sole della Florida, è andato in onda un nuovo episodio del duello. A cinquant’anni suonati, Angeli contro Sbarra, ancora con un pallone in mano, ancora sul parquet. Certi duelli sembrano infiniti, e ci vorrebbe uno scrittore russo per raccontarli.