C’hanno messo una croce sopra. Anzi, ce l’hanno rimessa, nuova e più grande, in legno e non in ferro. La sommità della Palanzana ha un look diverso, con una croce che si staglia verso il cielo e domina – idealmente ma anche fisicamente – la città di Viterbo, trecento metri di dislivello più in basso.
Il mattino ha l’oro in bocca, certo, e in collina ancora di più. Così ieri quelli del Cai, il Club alpino italiano, si sono alzati di buon’ora per salire sulla montagna della città, piccola e famigliare, ma sempre montagna. Per loro, vecchi lupi d’altura, l’escursione è una bazzecola: guidati dal presidente della sezione viterbese Alessandro Selbmann, si sono arrampicati di buona lena. C’erano anche gli scout della Fse (parrocchie del Paradiso e di Santa Barbara) e dell’Agesci (Viterbo 4 e Sacra famiglia). C’era, soprattutto, Remo Anselmi, colui che nel luglio 1965 appose la vecchia croce di ferro, una specie di ex voto per aver scampato uno schianto col suo aereo
proprio sulla montagna, un incidente che gli sarebbe stato fatale. Ma la vecchia croce di ferro ormai non ce la faceva più, esposta alle intemperie da oltre cinquant’anni, al logorìo del tempo che tutto mangia, persino il metallo più robusto. Ecco allora che c’era bisogno di piantare una nuova, su quel blocco di peperino che è la base portante. Remo, ora che ha novant’anni è salito fin quassù per rinnovare la sua gratitudine nei confronti della Palanzana, e quando tirano su la sua croce – benedetta il giorno prima da don Alberto – ecco anche la targa.
“Sin dal 1934 la Palanzana è stata la mia grande e verde palestra – ha scritto Anselmi – Per questo nel luglio del 1965 ho installato sulla sua vetta una croce. Oggi, luglio 2015, in occasione del cinquantesimo anno, poso questa nuova croce dedicandola a tutti i giovani che sono prematuramente scomparsi e che non hanno potuto avere quello che la Palanzana ha dato a me. Amatela, frequentatela, rispettatela”.
Assemblata e innalzata coi tiranti, la nuova croce adesso è lì, tra gli applausi di chi c’era. E si torna giù, per un’altra bella camminata in mezzo al verde e alle rocce, senza neanche sentire la fatica. E la prossima volta che da quaggiù guarderemo la montagna, verrà da pensare alla croce grande che abbraccia la città, e la veglia con tutto l’amore che c’è.
(ha collaborato Fabio Settembre)