La Viterbese ricomincia dai Camilli. Per carità, s’era già capito (e anche scritto), ma stavolta c’è l’ufficialità. “E si siamo ancora qui – mette subito in chiaro Piero, il patron – il merito è loro”. Loro sono Vincenzo e Luciano, i figli: l’uno presidente, il secondo vice. “Perché qui non si può fare calcio – tuona sempre il patron – Viterbo è una città viziata, a cominciare dalla stampa”. Non c’è male come inizio, ma il resto sono fuochi d’artificio. “Le cose devono cambiare – continua – quest’anno sarò più presente sia in sede che in Lega. Non abbiamo vinto lo scorso campionato anche se, a mio avviso, eravamo la squadra più forte. Ma alla fine ci possiamo considerare anche fortunati se siamo ancora vivi, visto che di fronte avevamo una società presieduta dal capo della ‘ndrangheta nel Lazio. Una società che si è comprata una quindicina di partite, sia a vincere che a far perdere noi. Nell’intervallo lo facevano, mica prima….”. Un fiume in piena il comandante che riserva un lungo excursus ai rapporti con l’amministrazione comunale. Innanzitutto, una lettera inviata al sindaco Michelini in cui, oltre a rivendicare ancora i famosi 5mila euro dovuti dal Comune alla società gialloblu, si mette nero su bianco che “la mia famiglia è disposta ad investire al fine di regalare alla città di Viterbo quello che merita, cioè il calcio professionistico, e faremo di tutto per ottenerlo. Ma i nostri sforzi risulteranno vani se da parte della tua Amministrazione non verranno immediatamente messe in campo tutte le attività per rendere il Rocchi omologabile per la serie C. E’ inutile sprecare risorse e passione per trovarsi, una volta vinto il campionato, costretti ad emigrare a Rieti o a Civitavecchia (se ci prendono…) o addirittura rinunciare”. L’alternativa è molto chiara: “Se non vengono messe in atto immediatamente le opere necessarie per l’omologazione alla Lega Pro, a dicembre smobiliteremo e arrivederci senza grazie”. Con una postilla: “Ti consiglio di dotarti immediatamete di un tecnico qualificato che predisponga a livello progettuale quanto necessario”. La risposta del primo cittadino è di ieri: “La mia Amministrazione – scrive Micelini – sta dalla parte di chi, con coraggio e determinazione, intraprende iniziative che hanno ricadute positive sulla collettività ed è in tal senso che interpreto la tua volontà e la tua aspirazione alla Lega Pro”: E ancora: “Ribadisco quindi la volontà del Comune di Viterbo di partecipare a questa scommessa affiancando la società nel perseguimento degli obiettivi. E ciò è dimostrato dal fatto che ho già contattato un tecnico esperto per avere, a stretto giro, il resoconto dettagliato dell’entità degli interventi da eseguire per lo stadio Rocchi. Non solo, in coerenza con quanto asserito sinora, assicuro che nel bilancio comunale di prossima approvazione non mancheranno i fondi necessari”. Insomma, il Comune è pronto a fare gli adeguamenti richiesti dalla Viterbese e necessari per la categoria superiore.
E’ ovvio che il discorso vada a finire anche sulla mancata domanda di ripescaggio. “Senza un campo adeguato, era inutile farla per dover poi andare a giocare chissà dove… Senza dire che considero amorale chiedere quei 500mila euro da versare a fondo perduto. L’obiettivo è chiaro: ridurre il numero delle squadre. Erano 60, probabilmente scenderanno a 54 visto che, a quanto mi risulta, solo Gubbio e Albinoleffe avrebbero in animo di presentare domande. Noi faremo la D e puntiamo a vincere. La serie C è un campionato terribile: ci sono gli stessi obblighi della A e della B, ma le risorse sono infinitamente più piccole, appena il 2% dell’immensa torta dei diritti televisivi che vale un miliardo e 100 milioni. E un campionato in Lega Pro costa almeno 2 milioni”.
Si ricomincia, insomma, dove ci eravamo lasciati. “A Grosseto – ricorda Piero Camilli – il primo anno in D arrivammo terzi, poi secondi e poi fummo ripescati in C2. Ho vinto la D solo a Pisa, perciò confermo che vincere questo torneo è molto complicato perché c’è la famosa regola sui giovani da schierare che complica le cose. Ne devono giocare 4 e sono tanti: se non si azzeccano i ragazzi, diventa tutto complicato. L’allenatore? Al 90% sarà Sanderra, un tecnico preparato che a Latina ha fatto benissimo portandoli dalla D alla B, anche se ho parlato pure con Morgia. Il ritiro sarà a Soriano: dovremmo cominciare intorno al 27, perché a me della Tim Cup interessa molto poco. Manderemo a giocare gli Juniores…”. A proposito di giovani, il comandante conferma alcuni nomi: Perocchi, Fè, Zonfrilli, Pini, Boccardi e Callegari. “Partiremo in pochi perché la squadra la costruiremo piano piano, sentendo anche quello che ci dirà il tecnico”. E i vecchi? “Oggi affermo che non rimarrà nessuno, ma poi si vedrà se ci sarà la possibilità di confermare qualcuno. Non bisogna affezionarsi ai giocatori, dei quali in generale non ho nessuna stima… E poi l’anno scorso ci sono stati pure dei comportamenti fuori dal campo che non mi sono piaciuti”.
E’ anche il momento dei rimpianti…. “La squadra dell’anno scorso era forte, ma probabilmente troppo bella. E invece ci vuole più cattiveria. Non serve tirare i capelli all’avversario e farsi cacciare. Bisogna anche saper menare e buttarla dentro senza cincischiare troppo. A dicembre io volevo un centravanti di questo tipo, ma mi dissero che non era il caso, che la squadra segnava… Ho avuto ragione io: non serve segnare 80 gol. Basta vincere 1-0 e difendere bene quel risultato”.
Ce n’è anche per il contorno: “Basta con la gente che vuole entrare gratis a tutti i costi. Metteremo regole precise per gli accrediti per la stampa, ma dovranno pagare anche gli arbitri e gli appartenenti alle forze dell’ordine. Ci aspettiamo sostegno da parte dei tifosi attraverso la sottoscrizione degli abbonamenti: non è che 10 in più o in meno, cambiano la vita, ma rappresentano un segno di attaccamento e di vicinanza che fa piacere”.
Pensierino finale: “Vogliamo vincere e faremo di tutto per allestire una squadra forte, ma sappiamo che non sarà facile. E vogliamo farci trovare pronti per la categoria superiore con una struttura a norma e omologata. Altrimenti si va a casa e l’avventura finisce”. Così parlò Piero Camilli e non c’è spazio per interpretazioni di qualunque genere.