“Quella del formaggio con la polvere è una piaga che dobbiamo risolvere al più presto, per questo siamo sempre in prima fila quando si tratta di far sentire la nostra voce contro manovre che, di certo, non aiutano il made in Italy, i nostri coltivatori, allevatori e consumatori” tuona il presidente di Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici. Il riferimento è alla manifestazione nazionale di ieri a Roma per protestare contro la direttiva Ue che liberalizza l’uso della polvere di latte per “fabbricare” formaggi.
Vale la pena ricordare che le esportazioni di formaggi e latticini italiani all’estero sono aumentate del 9 per cento per effetto della reputazione di alta qualità conquistata a livello internazionale che viene messa a rischio dalla liberalizzazione dell’uso di latte in polvere imposta dall’Unione Europa sotto il pressing delle lobby. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al primo trimestre del 2015, presentata in occasione della mobilitazione di allevatori, casari e consumatori in piazza Montecitorio a difesa del Made in Italy per impedire il via libera in Italia al formaggio e allo yogurt senza latte che danneggia e inganna i consumatori, mette a rischio un patrimonio gastronomico custodito da generazioni, con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale.
“A rischio c’è un settore che – sottolinea la Coldiretti – rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180mila occupati nell’intera filiera, ma che svolge anche un ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali al pascolo. In Italia sono sopravvissute appena 35mila stalle che hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente”.
“Il via libera alla polvere di latte – aggiunge l’organizzazione degli agricoltori – significherebbe aumentare la dipendenza dall’estero con la chiusura delle stalle, la perdita di posti di lavoro e l’abbandono delle montagne dove il formaggio si fa con il latte vero. Per ogni centomila quintali di latte in polvere importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati solo in agricoltura. Ma c’è anche un costo ambientale, perché il processo di trasformazione del latte in polvere in quello fresco comporta, per la re-idratazione, un elevato il consumo di acqua. Con un chilo di latte in polvere si ottengono dieci litri di latte al prezzo di circa 20 centesimi al chilo che è pari quasi alla metà di quanto costa agli allevatori produrre il latte fresco dall’allevamento con le mucche”.
“Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il ‘formaggio con la polvere’ sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame – afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -. Una manovra che fa comodo a chi vuol continuare ad importare prodotti dall’estero da spacciare come Made in Italy per la mancanza di un adeguato sistema di etichettatura sull’origine dei prodotti lattiero caseari. Il risultato è che dall’inizio della crisi hanno chiuso in Italia oltre diecimila stalle da latte con la perdita di posti di lavoro e di reddito, ma anche di un ruolo insostituibile di presidio del territorio”.
“La numerosa presenza di allevatori del Lazio e della provincia di Viterbo – conclude il direttore di Coldiretti Viterbo Ermanno Mazzetti – è significativa perché testimonia quando la tematica sta a cuore al nostro territorio e ai nostri imprenditori”.