La crema solare (protezione 20) c’è. La birra è in frigo. Il cellulare carico, ché servirà. Sigarette ne abbiamo, la pazienza pure e la fede, be’, quella non è mai mancata. Cronaca di un’estate incertissima per il calcio cittadino, dopo che l’ultima era stata vissuta da pascià, tranquilli e sicuri, concentrati sul mercato, sulle avversarie, sulla composizione del girone. L’estate smeralda che fu, ora si ritorna alle care, vecchie abitudini: sì, l’estate di melma, diciamo.
Tutta colpa delle incertezze che ruotano intorno alle sorti della Viterbese. Quelli lì se ne vanno davvero? Davvero la regalano (alla faccia di non credeva che esistesse gente che la regalasse)? Oppure se la riportano a Grotte di Castro? O magari, peggio me sento, chiudono tutto? Ci vorrà ancora qualche giorno, probabilmente, per avere un’idea più chiara delle intenzioni della famiglia Camilli intorno alla società di via della Palazzina. Angoscia su angoscia, il calendario che non scorre mai, il groppo alla gola, il sudore nervoso, le telefonate tra tifosi (“Hai saputo niente?”), i pellegrinaggi nei luoghi della fede, nei covi degli informatori. Ma niente. E’ il momento delle ipotesi – e, occhio, delle speculazioni – e del resto “quel che succede a Grotte resta a Grotte”.
Qualcuno questa storia l’ha presa male, troppo male. E dall’amore eterno per i Camilli rischia di passare direttamente a sentimenti più negativi. Altri si stanno organizzando: appelli su Facebook, comitati popolari, movimenti senza cinque stelle ma con un leone. Appelli accorati. Messe pro e messe contro, alla Fantozzi. Suggestioni che sembrano miraggi nel deserto: “Un mio amico mi ha detto che un suo amico gli ha confidato che potrebbero pure restare”. Valutazioni irrealistiche: “Restano, fanno il ripescaggio e hanno opzionato Van Persie”. Cose così, insomma.
Ma sullo sfondo il timore è un altro. Quello di tornare a vivere le tanti estati buie del passato. Quella del 2004, per esempio, quando dopo aver sfiorato la promozione in serie B nell’epico playoff col Crotone, la vecchia Us Viterbese si ritrovò, in appena pochi giorni, con un’altra proprietà, senza iscrizione al campionato e poi fallita. Via i giocatori (gratis), e soltanto il coraggio di un paio di persone (l’ex sindaco Giancarlo Gabbianelli, il compianto Carlo Cardoni) evitò lo scempio di una città senza squadra attivando il lodo Petrucci. O ancora, l’estate del 2000, quando fu quel millennium bug chiamato Lucianone Gaucci a mandare il tilt la piazza, cedendo la società – anche qui dopo un playoff per la B contro l’Ascoli – a tale Gerry Aprea da Monza. Per i tifosi fu come passare in un attimo da ostriche e champagne a pane e salame, anche se poteva andare peggio.
L’ultima di queste estati terribili, di soldi che non si trovavano mai, di iscrizioni al campionato recapitate in zona cesarini, di bufale e di altri animali, fu appena due anni fa, 2013. Anche in questo caso dopo un playoff in serie D che fu una cavalcata travolgente, e deve essere una nemesi, un’antica maledizione etrusca, che a campionati esaltanti facessero seguito capitomboli fatali. Quell’anno la As Viterbese giunse al capolinea: senza soldi – giocatori e dipendenti erano in autogestione già da mesi – con una situazione societaria “poco chiara” (eufemismo), le elezioni comunali di mezzo a complicare il tutto. Un giorno di giugno i dirigenti di allora consegnarono le chiavi dello stadio al neosindaco Michelini e annunciarono che non avrebbero iscritto (aridaje) la squadra al campionato successivo. Così moriva una società di calcio, salvo poi rinascere – sotto un’altra forma – grazie al trasferimento da Grotte della Castrense di Camilli. Quel Camilli che oggi replica ad ogni occasione che con Viterbo ha chiuso (e forse anche col calcio). Mettetevi comodi, l’ennesima peggiore estate della nostra vita è appena cominciata. E l’impressione è che non sarà neanche l’ultima.