Venti giorni, forse un mese. Di passione, naturalmente. Però di quella passione che non esalta, come può essere la passione agonistica. Questa invece mette ansia, rende nervosi, impotenti, paranoici. Di qui alla fine di giugno è lo stato d’animo che si prefigura per i tifosi della Viterbese, per gli appassionati, per tutti quelli che hanno a cuore le sorti sportive della città.
Dopo l’annuncio di Piero Camilli all’indomani della sconfitta contro il Taranto nel terzo turno dei playoff (“Me ne vado”), la situazione resta complessa e complicata. Viterbopost ieri ha fornito una sua analisi, con tanto di percentuali, sugli scenari che si profilano all’orizzonte. L’addio del Comandante e della sua famiglia, dopo due anni di grandi investimenti, un campionato d’Eccellenza vinto e un secondo posto in D quest’anno, resta sempre l’ipotesi più probabile. Ma attenzione, perché non si può ancora scartare l’eventualità – che sarebbe ovviamente accolta con giubilo – di una permanenza della proprietà a Viterbo. Magari senza il ripescaggio, che sarebbe un investimento corposo (e a fondo perduto) per qualsiasi imprenditore, figuriamoci per uno, come Camilli, che non è profondamente convinto della “reattività” delle istituzioni viterbesi.
Restare a Viterbo, dunque. La speranza di tutti quelli che appena domenica scorsa hanno riempito le tribune del Rocchi, sostenendo la squadra fino al novantesimo e poi anche oltre, nell’infausta roulette russa dei calci di rigore. La speranza di quelli che – dentro e fuori lo stadio – nel progetto Camilli hanno creduto sin dall’inizio (o anche prima), convinti che potesse essere questa l’unica medicina per guarire tanti anni di delusioni, di prese in giro, di gestioni affaristiche se non delinquenziali. Camilli come salvezza, Camilli come riscatto, Camilli come futuro.
Certo, ma cosa servirebbe per sistemare la situazione? Intanto una schiarita definitiva nel controverso (eufemismo) rapporto con l’amministrazione comunale. Una questione di principio, che il Comandante ha sempre rivendicato e paragonato con l’accoglienza e il trattamento che è abituato a ricevere da quindici anni, ormai, in quel di Grosseto: “Li non abbiamo mai avuto problemi. C’è una percezione e considerazione diversa nei confronti della maggiore società calcistica della provincia”: La stessa, sottinteso, che ci dovrebbe essere a Viterbo. Di qui i problemi pratici, a partire dai 25mila euro spesi dalla Viterbese ormai due anni fa per alcuni interventi urgenti all’impianto di via della Palazzina e mai rimborsati finora da Palazzo dei priori. Pare per ragioni burocratiche, non per volontà politica dello stesso Michelini (ci mancherebbe pure). Ora però il sindaco si sarebbe reso conto di rischiare di perdere la faccia su questa storia, e avrebbe messo al lavoro la diplomazia per risolvere la questione in tempi brevi. Da parte gialloblu si aspetta con la massima cautela, visti anche i precedenti non incoraggianti, ma un’eventuale disponibilità netta, chiara, senza postille, potrebbe lasciar presagire eventuali aperture anche sugli altri temi cari al club. Per esempio la realizzazione di campi d’allenamento in sintetico (al Barco?) o i lavori strutturali di cui ha urgentissimo bisogno lo stadio Rocchi. Per i quali, tra l’altro, il parere della società sarebbe determinante, visto che è la Viterbese la squadra che dovrà giocare alla Palazzina, in qualsiasi categoria, ed avere rapporti con gli organi calcistici di valutazione e autorizzazione dell’impianto.
Insomma, l’ultima partita della stagione, delicatissima, si gioca sul filo degli equilibri, delle diplomazie, delle rispettive intelligenze. In ballo c’è il futuro del patrimonio sportivo della città. Ancora qualche settimana e sapremo: salvo tempi supplementari.