L’hanno chiamata legge 221. Probabilmente perché ci sono voluti due secoli per farla, altri due per approvarla, e poi l’ha capita una persona sola. Chi? L’assessore regionale alle Attività produttive, Guido Fabiani. Colui il quale l’ha partorita, donando al genere umano delle utilissime “disposizioni relative all’utilizzazione del demanio marittimo, per finalità turistiche e ricreative”.
Bene. Andiamo ad analizzare il manoscritto. Secondo l’hombre della Pisana almeno il 50% le spiagge del Lazio dovranno essere libere, o spiagge libere con servizi. Se non sarà rispettata questa percentuale i Comuni non potranno rilasciare nuove concessioni demaniali.
Ed era ora, verrebbe da dire. Poiché il più delle volte per piantare un ombrellone tocca avviarsi alle 6 della mattina e camminare sotto allo scoppio del sole per mezza giornata.
Tutti felici? Giammai. “Notiamo un certo entusiasmo intorno a questa nuova trovata – commenta per la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Silvia Blasi – in realtà l’emendamento in sede di consiglio neanche è passato. Lo stesso assessore lo ha ritirato, in quanto inammissibile. Facendolo quindi decadere. Dovrebbero informare di tutto ciò il presidente Zingaretti, che sta festeggiando la cosa. Forse non ne è al corrente”.
Quindi tutto come prima e addio a le mi’ cerase (direbbero a Cambridge)? “No – prosegue la pentastellata – è stata approvata una sola cosa. Che il 50% sia a fruizione pubblica. Cioè, non cambia nulla…”.
Già. Perché a vederla bene tutti gli stabilimenti balneari, seppur gestiti da privati, sono di statuto a “fruizione pubblica”. Altrimenti a chi li vendono lettini, ombrelloni, gelati e cocacole? “Appunto – sempre lei – la legge è ingannevole e non tutela i cittadini. Noi avevamo chiesto che metà litorale fosse libero. Nel senso, privo di chioschi che affittano attrezzature, non recintato da muri come nel caso di Ostia, accessibile senza pagare”.
E qui si capisce come in realtà girano le cose. Se la torta vale 100, e 50 sta già in mano ai gestori, il resto come viene ripartito? “Ci si nasconde dietro un altro cavillo – chiude la Blasi – quello delle spiagge “libere con servizi”. Praticamente quelle fette di terreno che vengono poi concesse dal Comune in gestione a qualcuno. E che, di fatto, ridiventano private”. Roma ne è un esempio lampante.
Ricapitolando: 50 per cento ai balneari, 25 libere, 25 libere ma con servizi (cioè date a terzi). Stando così le cose, il consiglio è il seguente: se mai vi venisse voglia di farvi una giornata al mare senza spendere, armatevi di tanta pazienza, di scarpe comode e di molta acqua. Che magari uno spazietto si trova anche, laggiù all’orizzonte, dopo quella duna.