Arriva, scende dal Cayenne, e va subito al cesso. Fuori dalla porta, intanto, fa in tempo a radunarsi tutto il circo mediatico. Sportmediaset, Sky, la Rai. E un’infinità di cellulari e tablet in modalità “video”. Quando esce è cinema, cinema davvero, perché con Massimo Ferrero – presidente della Sampdoria ma soprattutto formidabile intrattenitore – lo spettacolo è assicurato. Magari non sarà di gusto sopraffino, diciamo che è una comicità un po’ di pancia, che però alla fine conquista tutti e strappa applausi. Anche se di calcio praticamente non se ne parla.
E’ lui, questa virgola di uomo capitato chissà perché e chissà percome nel mondo del pallone (e al vertice di una delle squadre più importanti della serie A), la star della quarta edizione del premio Calabrese, intitolato a Pietro, storico direttore di Panorama, Gazzetta dello sport e Messaggero tra gli altri, innamorato di Soriano nel Cimino e per questo qui celebrato ogni anno grazie all’idea di Antonio Agnocchetti (giornalista pure lui, sorianese doc) e all’amministrazione comunale, sindaco Menicacci in testa, oltre ad una nutrita – e munifica – pattuglia di sponsor. In prima fila la figlia di Pietro, Costanza, giornalista al Tg5. Presentano Simona Rolandi (Raisport, bravissima a cercare di limitare la foga, occhio alle vocali, ferreriana) e Giuseppe Di Piazza del Corriere della Sera. Cornice incantevole, quella di Papacqua e Palazzo Chigi Albani, peccato che piova a tratti e che si finisca per entrare e uscire da una saletta coperta, ma si sa, la natura, al contrario della Fifa, è incorruttibile.
La formula è collaudata, perché si colloca alla fine dei campionati, quando i calciatori sono in vacanza (perciò di pallonari tatuati non c’è traccia) ma gli operatori di mercato, i dirigenti e compagnia bella sono in piena attività. Quindi la castagna d’oro, il premio in questione, che è anche una forma di promozione territoriale, quest’anno se lo sono portati a casa i vari Daniele Pradè (direttore generale della Fiorentina, tampinatissimo dai tifosi viola della Tuscia presenti, ed ermetico nel sorvolare sul fresco esonero di Montella) e il direttore sportivo della Lazio Igli Tare (“Da bambino, nell’Albania comunista, sognavo il calcio italiano. Ed ora eccomi qui…”). La castagna alla carriera se la prendono Simone Inzaghi (in contumacia: è in Liguria per la finale scudetto Primavera) e Sebino Nela, vecchia gloria giallorossa che riabbraccia nell’occasione Francesco Battistoni, collega dirigente ai tempi della Viterbese di Gaucci.
C’è poi una selva di giornalisti, da Paolo Liguori, che di Calabrese era amico fraterno, a Stefano De Grandis (Sky), alla mitologica Donatella Scarnati, alla deliziosa Francesca Benvenuti di Mediaset. Altri giornalisti premiano. Altri ancora fanno il loro lavoro con interviste e immagini. C’è Francone Melli, volto dell’epico Processo origggggginale di Biscardi e qui per le premiazioni del torneo giovanile intitolato al figlio Maurizio.
I due veri protagonisti però sono quelli che hanno vinto, e che vittorie. Fabrizio Castori, allenatore del Carpi, e Maurizio Stirpe, presidente del Frosinone. Entrambi sono saliti in serie A con le rispettive squadre, alla faccia delle prefiche lotitiane, delle dimensioni (che nel calcio non contano) e delle favorite della vigilia. Castori, con nove campionati vinti in carriera e quello, più bello, conquistato alla guida del San Patrignano, che allenava per espiare una condanna sportiva. Storie che s’intrecciano, prima dell’arrivo di Ferrero, accolto da due tifosi in maglia Samp provenienti non da Boccadasse ma da Blera.
Ferrero, che s’impossessa subito della scena (è un eufemismo) e attacca lo show. Brani scelti: “Ma chi è? Sindacoooooo” (A Menicacci). “Un bell’applauso a Pradè: questo è romanista, aò” (A Pradè). “Ma pijate ‘sto premio. Che volemo fa? So’ du’ ore che stamo quaaaaa” (In un momento in cui la premiazione andava per le lunghe). “Je batte er pezzo” (Su un presunto, quanto improbabile, corteggiamento tra Francesca Benvenuti e il grandissimo Maurizio Crosetti di Repubblica). “L’avete comprato er libro? S’intitola Una vita al Massimo, col ricavato compro macchinari per gli ospedali pediatrici di Roma e di Genova, ma tanto glieli compro lo stesso, perché gliel’ho promesso” (Piccolo spazio pubblicità). “Post scriptum, parlo latino come Lotito”, “Come si dice? Un volo epittalico” (pindarico, presidente, si dice pindarico). “Perché ho preso Zenga? Perché è pelato”. “C’è qualche tifoso in sala? Cantate con me: chi non salta con me non è sampdoriano percheeeeeeéééééé”. “La licenza Uefa? Mi’ nonno aveva nove licenze, a piazza Vittorio, figuriamoci se è un problema questo”.
Poi si ferma a fare i selfie, gli autografi, altre interviste zampettando sulle scarpe bicolori che fanno tanto Chicago anni Trenta e che invece raccontato soltanto di un bagno di folla e di follia a Soriano nel Cimino, per il quarto premio Calabrese. Ora, l’anno prossimo per la quinta edizione, toccherà almeno invitare il Papa, o qualcosa di più.