Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia. Lo vedi incarnare il talento puro mentre diventa una bandiera della tua squadra del cuore nell’arco di tre stagioni, sempre impegnato a tenere a galla la baracca quando serve, titolare inamovibile prima di passare qualche guaio fisico di troppo e poi, ingenerosamente, finire dimenticato in panchina senza un motivo valido. Lo vedi scendere in campo nell’ultima gara dell’anno con la gente che inneggia il suo nome dagli spalti già un’ora prima del fischio iniziale, durante il riscaldamento, e si alza in piedi per applaudire solo lui quando esce, Comandante Camilli in primis. Lo vedi fare la differenza fino a quando gli viene data la possibilità di stare in campo, lo vedi uscire dal terreno di gioco del “Rocchi” col viso deluso ma sempre a testa alta. Forse per l’ultima volta dopo tre anni.
La partita della Viterbese di domenica scorsa contro il Taranto può senza dubbio essere considerata la partita degli addii. L’addio al sogno di vincere i play off e di un ripescaggio certo in C. L’addio, annunciato da patron Piero, della famiglia Camilli a Viterbo (che poi magari non è vero, però intanto…), con tutti gli scenari (apocalittici) che questo comporterebbe. L’addio, dolorosissimo, della Questione di Stile, il gruppo ultras che da un decennio ha seguito, supportato e amato la Viterbese senza, per loro stessa definizione, interessi né compromessi. E, infine, l’addio di Matteo Pero Nullo. Un altro colpo che ti arriva al cuore e che fa male (almeno a chi scrive) tanto quanto le lacrime di Andrea Pirlo dopo la finale di Champions persa dalla Juventus sabato sera.
Proprio l’eclettico Folletto di Fratta Todina, classe 1985, piedi fatati, capace di giocate decisive e di una bellezza inenarrabile, carattere tranquillo ma determinato, talento straordinario per il pallone e una laurea in Economia e Commercio da 110 summa cum laude – presa studiando sul pullman o in ritiro tra una gara casalinga, una trasferta e uno stipendio non pagato da Carlo Graziani nella stagione che ha preceduto il fallimento della vecchia AS Viterbese Calcio –, proprio lui domenica sera ha scritto questo messaggio sul suo profilo Facebook: “Ancora non so se oggi è stato l’epilogo della mia avventura calcistica a Viterbo. Certamente nei prossimi giorni mi troverò a fare delle scelte sul mio futuro per le quali il calcio magari non sarà più il centro della mia vita ed è proprio per questo che voglio ringraziare veramente TUTTI quelli che nel bene e nel male hanno reso indimenticabili queste tre anni passati insieme! Le vittorie, le sconfitte, i momenti di crisi e quelli di gioia, i compagni, gli allenatori, gli staff, le società, i tifosi, le critiche, gli elogi, TUTTO mi porterò nel mio cuore e TUTTO ha contribuito a farmi crescere come uomo! Grazie veramente di cuore! ❤
E magari sarà solo un arrivederci…”.
Magari non sarà proprio un addio in piena regola, ma in realtà le parole del Pero hanno tutta l’aria di essere un congedo bello e buono da Viterbo. Perché alla soglia dei 30 anni il dottor Pero Nullo si trova ad un bivio cruciale per la sua vita, privata e professionale, e forse ha deciso di cominciare a sfruttarla quelle laurea tanto faticata e tanto meritata, mettendo per la prima volta il calcio in secondo piano. Smetterà, quindi, i panni del supereroe in calzoncini capace di far venire i giramenti di testa ai difensori avversari, toglierà gli scarpini e si metterà a far di conto in giacca e cravatta, avvicinandosi per questo più verso Todi, verso casa sua? Magari il dado non è ancora tratto, ma il Folletto ci sta pensando di brutto, complici anche l’amarezza di una stagione in cui avrebbe meritato più spazio e più considerazione e l’incertezza che aleggia sul futuro gialloblu dopo le dichiarazioni del Comandante sul suo divorzio dalla Viterbese. Magari alla fine lo convinceranno (in realtà ad oggi non si sa neanche chi dovrebbe poterlo fare e con quali prospettive) a restare, ma se quella di domenica fosse stata davvero l’ultima gara di Matteo Pero Nullo con la maglia gialloblu, oltre ad una proprietà appassionata, competente e facoltosa, ad un gruppo di tifosi organizzati che si è dimostrato sempre impagabile, il club cittadino perderebbe anche la fantasia, l’estro e il carisma di un giocatore veramente straordinario, a cui va la gratitudine della tifoseria viterbese per quello che dato e dimostrato con la numero 10 gialloblu indosso in questo ultimo triennio. Magari alla fine avrà ragione lui e sarà solo un arrivederci, ma se così non fosse, in bocca al lupo per tutto, Matteo, e grazie di cuore.