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Nella Tuscia si mangia da papi (o da pellegrini)

Il progetto di Caffeina, Comuni e archivio di Stato: menu a tema, teatro e turismo

Andrea Baffo, Giovanni Bastianelli, Francesca Durastanti e Marina Olimpieri

Andrea Baffo, Giovanni Bastianelli, Francesca Durastanti e Marina Olimpieri

Come mangiavano i papi? Come si vive nella Viterbo, e nella Tuscia, del Medioevo? Dimmi come pappavi e ti dirò non solo chi eri, ma anche chi sei e magari chi diventerai. Il senso del progetto è questo, e meno male che sia venuto in mente a qualcuno, da queste parti. Segnatamente, all’agronoma Francesca Durastanti, che ha avuto l’idea che poi la Fondazione Caffeina, sei Comuni della provincia, l’archivio di Stato hanno sviluppato. Un’idea talmente buona da rispondere ai requisiti del bando della Regione Lazio per Expo.

“Menù dei papi, il mangiare dei pellegrini. Storie, cibi e spiritualità sulle strade della Tuscia” è stato presentato ufficialmente ieri, alla presenza degli organizzatori e di quel Giovanni Bastianelli che è il direttore dell’agenzia turistica regionale. E’ composto di tre parti: una prettamente – anzi, squisitamente – enogastronomica, una teatrale e una turistica. Tre componenti che insieme fanno cultura. “E’ un progetto che per la prima volta, come Caffeina, ci fa dire di essere orgogliosi. Si svilupperò a ridosso del festival, ma la speranza è che prosegua anche oltre, visto che dopo Expo, a dicembre, questi temi torneranno di attualità con il Giubileo straordinario indetto dal papa”, spiega Andrea Baffo, che di Caffeina è il direttore esecutivo. “Abbiamo voluto provare a rivalorizzare attraverso il cibo la storia, le origini e la cultura della nostra terra – dice Durastanti – cercando di trasferirla anche fuori”.

Ed entriamo nel cuore del progetto. Il menù in questione è sontuoso, mistico, verrà presentato all’interno di Caffeina con cene e quegli show-cooking che vanno tanto di moda al giorno d’oggi. Una trentina di ristoranti e altrettante botteghe del gusto nella zona hanno già aderito e metteranno i piatti nei loro menù. Piatti pensati, immaginati, raccontati dalla chef Laura Belli e dalla sua squadra: “E’ stato un lavoro di reinterpretazione, perché questo vuole essere un punto d’inizio e non un ritorno al passato. E’ un menù romanzato, narrato, ma anche concreto, fattibile e attuale visto che il cibo papale di allora sarebbe alquanto impegnativo oggi, tra cacciagione, interiora e altre vivande”.

Si parte dall’antipasto, una riedizione in chiave moderna dell’anguilla di Bolsena alla vernaccia che mandò in Purgatorio – e magari anche molto spesso al gabinetto – papa Martino IV: la Belli l’ha trasformata in insalata m’briaca, perché condita con la cannaiola. Per primo la zuppa d’oro, con miele e zafferanno, che oggi costa molto di più del prezioso metallo. Secondo: il porcus troianus, cioè un maialino con la sorpresa, visto che dentro contiene coniglio viterbese col finocchietto, carota e ancora miele. Il dolce è la papalina di Viterbo, un macarones – pure questo trendyssimo – con castagne e nocciole dei Cimini e marmellata di ciliegie.

Questo per la parte strettamente culinaria. Ma il progetto va oltre. E qui veniamo al teatro, con la rappresentazione del famoso conclave viterbese che si terrà durante Caffeina con otto repliche, nei sotterranei di Palazzo papale. Una narrazione rivisitata, attraverso le parole del giullare, col pubblico parte attiva dell’evento. Il regista è Pietro Benedeti, e non poteva mancare Antonello Ricci.

Le papaline create dalla chef Laura Belli

Le papaline create dalla chef Laura Belli

Terza sezione, quella turistica. Affidata a PromoTuscia, l’agenzia con esperienza ventennale sul territorio che ha preparato per l’occasione otto diversi itinerari turistici che interessano dieci comuni, legati alla storia dei papi (Bolsena, Bagnoregio, Viterbo) o ai percorsi spirituali, tipo via Francigena. Anche in questo caso sono previste degustazioni a tema. “Per il momento questi itinerari verranno effettuati durante il periodo di Caffeina – spiega Marina Olimpieri – ma l’intenzione è quella di riproporli stabilmente”.

Questo è marketing territoriale, insomma, fare sistema, far lavorare le meningi, specie in un piattume culturale che te lo raccomando. E lo conferma anche il direttore Bastianelli. “Un luogo deve puntare sul tema più forte e coinvolgente che ha, e Viterbo ha la fortuna di aver ospitato il primo conclave della storia. Su questo si deve costruire un’offerta da ampliare poi con tutto il resto e da aggiornare di continuo, perché nel turismo chi si ferma è perduto. Mi pare che qui siate sulla strada giusta”. Come quei pellegrini che nei secoli scorsi scendevano verso Roma, gambe in spalla e fede nel cuore.

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