16112024Headline:

Nella Tuscia è finita l’età dell’innocenza

Gli scandali tutor e rifiuti hanno cancellato l'immagine di una terra onesta

Il tribunale di Viterbo, al Riello

Il tribunale di Viterbo, al Riello

Ci voleva un infausto anno disparo, questo 2015, per rompere un incantesimo che durava da un botto di tempo e che ci aveva illuso. Sì, noi poveri illusi di vivere in una terra, la Tuscia, immune dalle zozzerie che leggevamo altrove.

Noi, polli (e senza neanche i peperoni d’accompagno, poi, voto 2) che credevamo che il malaffare, la disonestà, le ruberie e gli impicci fossero ovunque, ma non qui. Noi, cresciuti nella bambagia. Coccolati dalle favole che questo in fondo è un posto onesto, dove ancora albergano i vecchi valori, il senso civico, lo spirito di comunità. Noi, soltanto sfiorati da Tangentopoli (da un’idea di Stefano Accorsi, voto 4) e persino prima che Tangentopoli sbocciasse in tutto il suo inquietante tintinnio di manette (famolo strano, voto 7). Prima e dopo lo scandalo della discarica di Tarquinia di fine 1991, nulla. Solo qualche trascurabile episodio di malaffare, da ladri di Pisa più che da Arsenio Lupin (voto 7.5) o da Sepp Blatter (voto 1).

Antonio Di Pietro, uno dei protagonisti di Tangetopoli

Antonio Di Pietro, uno dei protagonisti di Tangetopoli

E invece, nel giro di qualche settimana, ecco che sono arrivati due scandaletti mica da poco. Prima, quello dei tutor, che ha coinvolto tra gli altri le due massime autorità istituzionali della Tuscia, mica Gianni e Pinotto. Ora, quel Vento di Maestrale che porta un olezzo di eau de fogne, visto che gira intorno al business dei rifiuti.

Prima di stracciarci le vesti bianco virginale (voto 8), però, sarebbe meglio piantare qualche chiodo nella roccia, come un Bonatti (voto 9.5) sulla parete nord dell’Eiger.

Intanto, il garantismo, ma quello vero, non quello alle vongole. Nel senso: finché non arriva una sentenza di terzo grado, firmata, controfirmata, pubblicata e ceralaccata, nessuno è colpevole di nulla. Dovrebbe essere un principio fondante delle Repubbliche democratiche, mentre spesso – almeno in questo meraviglioso Paese a forma di stivaletto fetish – il garantismo è una buffonata stratosferica. Utilizzato a giorni alterni, spruzzato ad ampie dosi nei confronti degli amici e degli amici degli amici e poi sostituito col parente negro, cioè il giustizialismo più becero, nei confronti dei nemici. E invece no: fiducia nella Magistratura (che può archiviare, assolvere o persino sbagliare, signora mia) e zitti. Anche perché parliamo della vita delle persone, di esseri umani, e delle relative famiglie. Perciò, calma e gesso. Viterbopost, nel suo piccolo e consapevole del ruolo che anche la stampa può svolgere in positivo e in negativo, cerca di non trattare la cronaca proprio per questa ragione. Si fanno retroscena, si cerca di dare una lettura politica alle cose che succedono, ma infamate no, mai. Le macchine del fango, da queste parti, non trovano parcheggio, un po’ come succede nelle piazze del centro storico di Viterbo (voto 9 alla battutona).

L'impianto di Casale Bussi

L’impianto di Casale Bussi

Poi, sullo sfondo, una considerazione di sociologia da bar stadio. La seguente: negli anni l’illegalità ha trovato il modo di valicare i Cimini, aprendosi un varco oltre le trincee morali di una provincia fino ad allora ingenua ma corretta. E da Roma – oggi l’ìndiscussa capitale d’Italia anche in quanto a immoralità e malaffare – è arrivata coi suoi tentacoli anche qui, in territori finora inesplorati. Per secoli, Roma ha trattato la Tuscia come cortile dove portare il cane a fare la pipì. Da qualche tempo, invece, forse il generone capitolino, quello delle cravatte coi nodi giganteschi, quello del frasario francicato (Ao’, Bella pe’ te), quello dalle forchette fameliche, ha capito che pure nel contado si potevano fare soldi. Che si poteva mungere la mucca del provincialotto di campagna. Anche perché i tempi dei contadini con le scarpe grosse e il cervello fino – che non si facevano fregare mai e poi mai – sono finiti da un pezzo. E fregare i viterbesi, a quanto sembra, è divento come rubare la classica caramella al classico bambino. Alla faccia della caramella, alla faccia del bambino: voto 0, e tutti a nanna.

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