I seguenti marchi, orgogliosamente sventolati come “Made in Italy”, in realtà appartengono a società estere: Sagra e Filippo Berio (Cina), Antico pastificio Garofalo (Spagna), Bertolli, Carapelli e Sasso (America), Pernigotti (Turchia), Scotti (Spagna), Ar industrie alimentari (Giappone), Star (Spagna), Eskigel (Inghilterra), Gancia (Russia), Parmalat e Eridania (Francia), Fiorucci (Spagna), Boschetti alimentare (Francia), Del Verde (Argentina), Rigamonti (Brasile), Orzo bimbo (Francia), Galbani (Spagna), Peroni e Invernizzi (Sud Africa), Locatelli e San Pellegrino (Inghilterra), Stock (America), Antica gelateria del corso, Buitoni e Perugina (Inghilterra).
Le motivazioni? Sempre quelle, chiaramente. Le multinazionali divorano tutto ciò che possono, in primis. E quando invece non è così, sono le italiane a trasferirsi direttamente altrove, quanto meno portando fuori la sede legale, in ottica di risparmio alla voce “tasse”.
Questo tritacarne comporta alle casse statali, stando ai dati forniti da Coldiretti, un buco di oltre 10miliardi di euro dall’inizio della crisi. Considerando che Perugina, una delle, sta fuori casa dal 1988, la frittata è bella che servita. Altro che cioccolata, insomma. Queste son lacrime amare.
Da salvare c’è poco o niente. Qualche caso isolato, e comunque da prendere con le pinze. Il primo è quello relativo a Italpizza, appena rientrata dall’Inghilterra e decisa a tornare ad investire in questa valle di lacrime. Scelta coraggiosa, maturata dialogando proprio con Coldiretti. Il secondo invece, riguarda il colosso Ferrero. Che, pur avendo il recapito in Lussemburgo (non sia mai che versino due soldi in più qua), opera per la maggior parte proprio nello Stivale. E, come poi noto ai più, nel viterbese. Laddove raccoglie una discreta quantità di nocciole da trasformare.
Il gigante piemontese ultimamente ha deciso di allargare i propri orizzonti. Così, dopo aver aperto 74 società consolidate, 20 stabilimenti in giro per il globo, 38 compagnie, ecco l’idea di puntare proprio sulla Gran Bretagna.
Presentata, a tal proposito, un’offerta di acquisto per la Thorntons, specializzata nella cioccolata (non quella di cui sopra). La cifra messa sul bancone si aggira sui 157 milioni di euro. L’idea è, per logica, quella di ampliare o consolidare un mercato che già ben conosce Nutella e allegati.
“È una buona notizia – commenta per Coldiretti Viterbo il presidente, Mauro Pacifici – che da speranza a chi ancora crede nel nostro territorio. Aziende grandi, ok. Ma anche realtà piccole. Sicuramente quindi siamo competitivi, e in grado di fornire materie prime ottime. Il desiderio è quello di ripartire, dopo un lungo tempo di dolorosa sosta, e cose come questa possono rappresentare un buon inizio”.
Insomma, se proprio non ci pagano le tasse, che almeno ci comprino le nocciole. Accontentamose de st’ajetto, direbbero a Tessennano.