Manca una firma, un unico imprimatur per dire sì. Che significa rientro al lavoro per 29 persone attualmente in cassa integrazione e che potrebbe, in futuro, significare altre assunzioni. In tempi di crisi, non sfruttare occasioni simili grida vendetta. Il problema è che a mettere quella firma deve essere la Regione che finora si è rifiutata di apporre la sigla perché l’azienda che l’ha richiesta non ha ottemperato ad alcune strutture accessorie. Si parla del Gruppo Ro. Ri. (titolare della Clinica Nuova Santa Teresa a Viterbo e della Casa di cura di Nepi) che ha in animo di dotare la struttura sulla Tuscanese di altri 146 posti letto (24 dei quali sono stati già autorizzati) tutti rigorosamente privati. Il che semplicemente significa che non costeranno nulla alle casse regionali (e quindi ai cittadini) e che saranno a pagamento. Chi vorrà e avrà i mezzi per farlo dovrà pagare per usufruire di quei servizi.
La Asl ha espresso parere favorevole a concedere le autorizzazioni necessarie, la Regione continua a nicchiare perché mancano alcuni impianti accessori: tanto per dire, le incubatrici del reparto di ostetricia e ginecologia. Senza le quali sarebbe ovviamente impensabile partire. Obiezione giusta, ma lo è altrettanto la controreplica dell’azienda che si può sintetizzare in poche battute: siamo pronti a completare i reparti con tutto quello che oggi manca, ma abbiamo necessità di sapere con certezza che le autorizzazioni saranno rilasciate, altrimenti rischiamo di spendere un mucchio di soldi per attrezzature che rimarranno inutilizzate.
Già messa così, la faccenda appare abbastanza kafkiana, ma la conseguenza più pesante è per quei 29 lavoratori (sui 170 dipendenti complessivi, dei quali 163 a tempi indeterminato), la cui cassa integrazione iniziata a gennaio scade il 9 giugno, meno di una settimana. Cgil, Cisl e Uil (rappresentati dal responsabili provinciali Antonella Ambrosini, Mario Malerba e Lamberto Mecorio) non ci stanno e alzano la voce chiamando a raccolta le istituzioni e soprattutto la politica, in primis i consiglieri regionali espressi dalla Tuscia: “Attraverso il nostro paziente lavoro – dicono in coro – e con l’appoggio dei nostri esponenti alla Pisana, siamo riusciti a far stralciare dal piano sanitario regionale i posti letto privati. Il che permette appunto alla Ro. Ri. di chiedere le autorizzazione per ampliare la Nuova S. Teresa”. “L’azienda – aggiungono – ci ha comunicato che non solo con questo ampliamento rientreranno in servizio gli attuali cassintegrati, ma che soprattutto c’è la concreta possibilità di altre assunzioni in futuro”.
Prospettiva non da poco per una provincia che sta pagando prezzi pesantissimi alla crisi. Quale potrebbe essere la soluzione? I sindacalisti non si sbilanciano, ma è evidentemente legata al buonsenso: in concreto, la Regione potrebbe concedere un’autorizzazione sub iudice, vincolata cioè all’effettivo completamento dei reparti e delle sale operatorie (ne sono previste 3). Insomma, un sì condizionato a successive verifiche ed ispezioni, che diventerebbero vincolanti per l’avvio effettivo delle attività. Intanto, il tempo stringe e per quelle 29 persone (infermieri, tecnici, personale specializzato) la spada di Damocle della lettera di licenziamento aumenta ogni giorno che passa.