C’era una volta e c’è ancora adesso il decreto pomposamente e semplicisticamente definito “Sblocca Italia”. In realtà il titolo completo e preciso del provvedimento è il seguente: “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”. A dirla tutta, un calderone infinito nel quale si fa fatica a trovare un filo conduttore logico e coerente (cosa c’entra la banda larga con le frane? Niente, eppure è così…). Ci prova, almeno per gli aspetti relativi a edilizia e urbanistica, un convegno organizzato dall’assessora comunale Raffaela Saraconi, con la partecipazione, tra gli altri, del presidente nazionale dell’ordine degli architetti Leopoldo Freyrie e della parlamentare Pd Chiara Braga che di quel famoso decreto fu relatrice alla Camera.
Prima domanda: è servito davvero? “Per alcuni versi sì – risponde l’onorevole Braga – almeno per alcuni aspetti come la digitalizzazione, il riavvio delle grandi opere, gli interventi sul dissesto del territorio. Sugli altri, bisogna avere pazienza: in fondo, è operativo da poco più di 6 mesi. Contiamo che possa avere effetti positivi nel medio e nel lungo periodo”. Storce il naso Freyrie: “In Italia – scandisce – non si monitorano mai gli effetti di una legge. Lo ‘Sblocca Italia’ è stata un’urgenza per disincagliare alcune situazioni, ma non è e non sarà mai il cavaliere bianco che salva l’Italia”. Immediata conseguenza è l’affermazione bartaliana sotto forma di quesito: è tutto sbagliato? E’ tutto da rifare? “No – risponde convinto l’architetto milanese – ci sono alcune parti ottime come, ad esempio, l’introduzione del Regolamento edilizio unico. Prima ce n’erano più di ottomila, uno per ogni comune. Un assurdo… Come pensate che i famosi investitori esteri avrebbero potuto impegnarsi seriamente?”.
L’ulteriore domanda è: ma ci sono conseguenze concrete per Viterbo? Tocca all’assessore Saraconi l’onere della risposta: “Al momento, sinceramente no. Perché comunque servono fondi e finanziamenti che onestamente non ci sono”. E allora? “Qualcosa potremo e dovremo fare con i beni demaniali. Penso alla caserma della Finanza di Piazza della Rocca, penso al complesso di San Francesco attualmente occupato dall’Esercito: sono strutture che, prima o poi, torneranno nella disponibilità pubblica… Ripeto: i problemi sono di natura finanziaria”. Vale la pena ricordare anche gli impegni presi dal ministro Franceschini a Viterbo sul complesso delle Fortezze, su un possibile museo del Conclave o sul tetto del Museo civico in piazza Crispi: e lì i soldi dovrebbe sganciarli direttamente il ministero. O anche la prossima disponibilità dell’attuale caserma dei vigili del fuoco per la quale il commissario del Consorzio biblioteche Paolo Pelliccia ha pronto un progetto a costo zero per trasferirvi i volumi attualmente stipati in viale Trento. E ci sarebbero altri esempi ancora: promesse da marinaio? Chissà, certo è che i politici di solito sono di memoria corta…
“L’Italia deve ripartire – sillaba il sindaco Michelini nel portare il saluto istituzionale – e lo deve fare non solo nel pubblico ma soprattutto attraverso l’azione dei privati, la cui voglia di intraprendenza si è un po’ appannata negli ultimi anni”. Il ruolo dell’amministrazione comunale? “Non dico di aiuto, ma almeno che non sia di intralcio”. Su un punto tutti, tecnici e politici, sono d’accordo: basta con il consumo di suolo. E allora i verbi più gettonati sono: usare, creare, generare, pensare, valorizzare. Utilizzati rigorosamente mettendoci due lettere davanti: “ri”. “Bisogna intervenire su quello che c’è”, spiega l’architetto Freyrie rivolgendosi soprattutto ai suoi tanti colleghi in sala: “Perché i danni li abbiamo fatti anche noi scrivendo i regolamenti edilizi dei comuni”. Con due appelli finali: uno per la categoria, nella quale rientrano anche ingeneri e geometri (“Oggi utilizziamo l’80% del nostro tempo per la burocrazia e il restante per la progettazione: dobbiamo invertire questa ripartizione) e l’altro per il Parlamento (“Servono norme chiare e semplici e serve soprattutto più coraggio quando si legifera”). Un esempio? Le aree dismesse (e ce ne sono anche a Viterbo) da recuperare e rimettere a posto: capannoni, industrie, laboratori artigianali. Si può intervenire per edilizia low cost, per creare uffici, per start up innovative. “A patto di evitare inutili e costosissimi balzelli che frenano l’iniziativa privata”, mette in guardia Freyrie. “Ma ormai le tasse sono l’unico introito per i comuni…”, obietta sconsolata l’assessore Saraconi. Il classico serpente che si morde la coda. A proposito, il famoso decreto “Sblocca Italia” in vigore dall’anno scorso è nato già vecchio perché utilizza strumenti obsoleti, non al passo con i tempi: dunque, bisogna rimetterci le mani. Ne prenda nota, onorevole Braga.