Mentre si sale in fila indiana, lungo il ponte sospeso, sudando nell’umidità della valle dei Calanchi e il tintinnio dei cento sonagli piazzati dentro le scope da strega (un’installazione temporanea dell’artista Bruna Esposito) si avverte chiaro che Civita di Bagnoregio è un punto d’arrivo fisico, certo, e un punto di partenza ideale. Salvarla, salvaguardarla, proteggerla, prenderla in mano come una piuma – con delicatezza – per portarla ai posteri, ai figli e ai figli dei figli, al resto dell’umanità che ancora non ha avuto la fortuna di vederla.
Arranca Nicola Zingaretti, il presidente della Regione, al fianco del sindaco di Bagnoregio Francesco Bigiotti che su queste strade va spedito, all’assessore Refrigeri, ai sindaci della Teverina (altri quattro oltre al padrone di casa), ai consiglieri regionali, al deputato Mazzoli, al presidente della Provincia Mazzola, al sindaco di Viterbo Michelini con la vice Ciambella, al codazzo di giornalisti ed esponenti di un certo generone romano, persino ai fricchettoni che si credevano estinti. Tutti passati prima attraverso le proteste dei soliti per l’acqua pubblica e contro la violenza sulle donne, e poi attraverso le ancora più temibili forche caudine dei “prodotti tipici locali” (formaggi-salumi-vini-olii-mieli), e poi a piedi per settecento metri di camminata da comuni mortali.
Ne vale la pena, per una volta, se l’obiettivo è quello di firmare l’appello per salvare Civita di Bagnoregio, del quale il governatore è il primo firmatario seguito da un centinaio di personalità (da Napolitano a Marc Augé, da Bertolucci a Eco fino a Francesco Totti, che no, non ha siglato con una X la sua adesione). Salvare Civita e i suoi Calanchi, quindi, e chiederne il riconoscimento dell’Unesco, affinché anche il Mondo faccia sua questa battaglia.
Civita è fragile e bellissima, e ce se ne rende conto anche prima d’entrare nel borgo, con le frane di tufo alle pareti verticali che non passano inosservate e che fanno un male terribile. Si passa tra i gatti e i turisti (“Ma chi è quello, il fratello di Montalbano?”) e sciami di giapponesi. Piazza San Donato: c’è Giuseppe Tornatore regista, Paolo Crepet psichiatra, bagnoresi acquisiti perché hanno casa quassù, e Danilo Rea jazzista. Sul sagrato della chiesa, tra aperitivanti vari, Bigiotti consegna le chiavi della città a Zingaretti. E ringrazia: “Tutti quelli che sono qui, tutti quelli che hanno firmato la petizione, e sono oltre ventimila. I sindaci della Teverina, con i quali oggi sigleremo un accordo per mettere a sistema tra tutti l’indotto creato da questo posto. Civita è storia e bellezza, Civita oggi ha dei numeri invidiabili, il primo posto in Europa per crescita turistica negli ultimi cinque anni. Cinquanta nuove attività hanno aperto qui negli ultimi tre anni, siamo riusciti ad abbassare le tasse comunali e contiamo di azzerarle l’anno prossimo. Ma la Civita moderna è fatta anche di problemi, perché ci troviamo a fronteggiare la forza immane della natura e del tempo. Serve l’aiuto di tutti, magari anche del Governo: hanno fatto leggi speciali per salvaguardare le acropoli di Orvieto e Todi, ne facciano una anche per questo posto unico”.
Zingaretti ascolta, poi spara le sue cartucce: “Ci siamo mossi, con la presentazione dell’operazione di un mese fa, per dare un segnale chiaro: le istituzioni vogliono fare questa battaglia. Il nostro progetto Abc, Arte bellezza e cultura, è il motore al fianco delle strutture amministrative normali. Civita di Bagnoregio è un valore assoluto per l’umanità, perciò merita il riconoscimento Unesco e rappresenta la testa d’ariete dell’unicità del territorio. Ho scritto anche ai colleghi presidenti di Umbria e Toscana affinché ci sostengano. Non dobbiamo dare per scontato che la battaglia sia vinta, perché così la perderemo. Bisogna fare investimenti: come Regione abbiamo già messo 850mila euro ma non basta: dopo l’estate inizieremo anche una grande raccolta di fondi a livello internazionale, presso magnati e filantropi di tutto il Pianeta. E trasformeremo questo posto in un vero e proprio hub culturale, in un centro di promozione della modernità. Non si può stare fermi, bisogna far lavorare il cervello”.
Tornatore racconta quando, oltre vent’anni fa, arrivò qui e comprò subito casa da una signora: “Una folgorazione”. Bruna Esposito gioca con le parole: “Civita è viva, evviva”. Crepet: “E’ un topos unico, di meravigliosa fragilità”. Danilo Rea suona in chiesa le sue Note per Civita. Musica di vita per la città che muore, come diceva Bonaventura Tecchi, ma che dopo di oggi forse non morirà mai. E si riprende il ponte in discesa, ancora tra i sonagli, col cuore leggero e malinconico per tutta questa grande bellezza.