Una cosa è chiara: può piacere o non piacere, ma finché esiste Paolo Pelliccia la biblioteca di Viterbo non chiuderà. Scommettete pure, gufate se siete quel genere di persone. Ma il commissario straordinario rappresenta in carne ed ossa la migliore assicurazione per la sopravvivenza di questo posto. E basta ascoltarlo per rendersene conto, con tutta la grinta – la garra, direbbero gli spagnoli – del personaggio.
“La biblioteca non deve chiudere, e la ragione è semplice: qui viene la gente – dice Pelliccia – La biblioteca la vivono tutti”. Eppure, con la riforma delle Province, ecco che è venuto a mancare un apporto fondamentale per il mantenimento dell’ente, e parliamo di soldi. “La situazione, ad oggi, è questa: c’è l’interessamento del presidente della Regione Zingaretti, con il quale ho parlato di persona diverse volte e del quale mi fido perché sono stato educato a fidarmi delle istituzioni. Ha deciso di istituire un tavolo per risolvere il problema, e siamo in attesa che venga fissato. Non ho smesso di sperare che cambi qualcosa, che Zingaretti possa girare la delega alla cultura ancora alla Provincia, come è già accaduto in altre parti d’Italia. Ho ragione di credere che la Regione condivida la nostra visione della biblioteca, una prospettiva più ampia, perché anche il termine ha cambiato significato: siamo una comunità, abbiamo un ruolo anche sociale, di formazione, di scuola. E ancora: gli appuntamenti, i confronti, le presentazioni. La biblioteca oggi è tante cose, e questa è una ragione in più per vivere”. Per la cronaca: la tessera a vita costa dieci euro, e non perché la cultura sia in saldo, ma perché qui è missione.
Com’è la vita della biblioteca da quando è iniziata l’epoca delle vacche grasse? Ad occhio nulla sembrerebbe cambiato: c’è sempre la stessa laboriosità, gente che va e gente che viene, si parla a bassa voce, si legge e si prendono appunti. “Merito di chi lavora qui – dice Pelliccia – Persone eccezionali, che hanno sposato la causa, che rinunciano allo straordinario, che hanno fatto blocco compatto: senza di loro non saremmo andati da nessuna parte, ed è anche per loro che faccio questa battaglia e infatti tra le prime cose che ho fatto è stato metterli in sicurezza. L’utente, il cittadino, non ha risentito dei nostri problemi, forse non se ne è neanche accorto. Da gennaio non potremmo più comprare libri, eppure abbiamo un catalogo aggiornatissimo, all’avanguardia. Questo grazie ai tanti privati, agli amici, che sono venuti qui, col blocchetto degli assegni, e ci hanno aiutato: per primi penso alla Fondazione Carivit”.
Qualcuno dice che per sopravvivere la biblioteca dovrebbe andarsene da qui, dalla sede di viale Trento. “Intanto, bisogna dire che ho abbattuto i costi dell’affito di settantamila euro. Non basta, d’accordo, ma è un segnale, un punto di partenza. Qualcuno ci ha suggerito di trasferirci agli Ardenti, in piazza del Teatro. Balle. In quei locali la biblioteca non c’entra, o almeno non c’entra una biblioteca come la intendo io: se vogliamo trasformarci in un magazzino allora va bene tutto, anche gli Ardenti… E comunque: quel palazzo va ristrutturato, i bagni, gli ascensori, tutto: ci vorrebbero tanti soldi”.
Ci sarebbe il sogno della caserma dei Vigili del fuoco, ai Cappuccini che presto (pare entro la fine dell’anno) sarà liberata visto che quella nuova è quasi pronta. Pelliccia ha la provocazione in canna: “Dico alla Provincia: datemela così com’è, ci andiamo e la rimettiamo a posto come abbiamo fatto qui, senza soldi. La facciamo diventare una cittadella culturale, un vanto per tutto il quartiere, con risvolti anche occupazionali. E’ una sfida che lancio a Mazzola, il nuovo presidente mi piace, è veloce. Vediamo se capisce”. Di certo sarebbe meglio questa idea che trasformare quella zona nell’ennesima operazione di edilizia della città: altri appartamenti, sempre uguali.
Tra futuro e presente, prospettive e pericoli, la biblioteca continua a vivere, ad essere un punto di riferimento: “Abbiamo unito tecnologia e umanesimo, qui siamo liberi, questa è democrazia. La biblioteca è la corte costituzionale della cultura: sopra a tutti”, dice Pelliccia. Che poi aggiunge: “Se chiude la biblioteca Viterbo fa una bella figura di merda”. Già.