C’è un avvenimento che caratterizza il periodo che va dagli ultimi giorni di maggio agli ultimi giorni di giugno: il saggio. Per eccellenza una volta questo era ‘ginnico’ e ‘ scolastico’, ma ora il saggio è in ogni dove e di ogni età. Qui parleremo di quello scolastico, visto che da gennaio ci siamo occupati di argomenti in vario modo attinenti alla scuola.
Chi prepara il saggio, i docenti, nelle scuole di ogni ordine e grado ci mette l’anima. Ha il potere di scegliere chi escludere e chi ammettere (“No, tu non parteciperai al saggio di flauto non ti sei impegnato abbastanza”), creando traumi psicologici indelebili. Può contrattare con gli studenti di ogni ordine e grado il contenuto del saggio. Esempio, saggio di ginnastica artistica: “Prof ci mettiamo esercizi con i cerchi”. Saggio di recitazione: “Maestra prepariamo una poesia di Leopardi”. C’è il saggio a cui si assiste e quello che si va a visitare. Mi spiego meglio.
La recita, il balletto l’esibizione di karate, hanno bisogno di pubblico, di spettatori, l’esposizione di lavori ha bisogno di pubblico, ugualmente, che vada a vedere i lavori esposti. Indubbiamente c’è più gusto per tutti andare a vedere un saggio piuttosto che una mostra/saggio. Il pubblico partecipa, si emoziona, vive l’evento con chi lo sta animando e con chi lo ha preparato. Genitori, fratelli e nonni sono il pubblico eletto per eccellenza nei saggi di fine anno scolastico, a volte l’invito viene esteso a compari, comari, vicini di casa, zii. Ci sono persone super impegnate fino a fine giugno periodo in cui terminano tutti i saggi. “Meno male che il saggio di Pamela non è lo stesso giorno di quello di Maicol sennò non ce potevo anna’, pe’ nun fa torto a nessuno de li due”.
Chi va ad assistere ai saggi ha un obbligo tassativo e arduo, a volte di responsabilità: fotografare o riprendere le immagini di ciò che si va a vedere. Si può servire di tutto. Dall’ormai obsoleto smartphone alle macchine fotografiche o telecamere più sofisticate. Devo essere sinceramente spietata: spesso quello che viene fotografato o ripreso non verrà mai visto però sta lì sempre a portata di visione. Altre volte verrà mostrato con orgoglio ai parenti fino al quarto grado anche se il ragazzo/a , che esegue il saggio, compare per minuti tre.
Il fotografo, che fa parte della cerchia parentale, si agita, si sposta, cerca di catturare le migliori immagini e soddisfatto del suo lavoro, con l’apparecchiatura a tracolla pensa che forse metterà su Youtube il suo lavoro.
Il pubblico che assiste ai saggi è generoso di applausi, incita a gran voce alla comparsa dei membri della sua famiglia che vivono l’attimo di gloria. Si entusiasma per i piccoli allievi della scuola materna che magari si mettono a piangere spaventati nel momento della loro prestazione. Prova tenerezza per chi si impappina, si commuove. Naturalmente ho fatto un po’ di ironia, ma rispetto il rito del saggio che è la prova provata di quello che si è appreso in un anno di lavoro. Nei giorni scorsi davanti ad una scuola di Viterbo una fiumana di persone si avviava all’ingresso munita di apparecchiature foto-cinematografiche come i giapponesi che vanno a Venezia.