Può piacere e non piacere. Non piace a chi soffre d’allergia ai pollini, per esempio, e invece garba molto a chi ha il pollice verde, un giardino lussureggiante o un balcone tipo foresta tropicale. E’ San Pellegrino in fiore, uno dei veterani tra gli eventi viterbesi: ieri ha aperto la 29esima edizione, che durerà fino a domenica, sfruttando il ponte del primo maggio.
Sì, è San Pellegrino in fiore, e per vederlo e per capirlo non bisogna mica intrupparsi nella folla dell’inaugurazione, tra i doppiopetto delle autorità e i tamburi degli sbandieratori, né avventurarsi prima che gli ultimi ritocchi siano stati eseguiti. Bisogna andarci a metà pomeriggio del primo giorno, quando la flora è ancora rigogliosa e fresca e la fauna (umana) non troppo numerosa. Solo così si può cogliere l’essenza della manifestazione, carpire il particolare, intercettare un commento o un accento straniero. Piante e fiori, allestimenti arditi (via del Ginnasio, ormai storica), riferimenti fantasy (un drago di cartapesta, una bella ragazza in carne ed ossa vestita come il dio Thor in piazza San Lorenzo), qualche scivolata di gusto come la fontana di piazza del Gesù accerchiata – e oscurata – dalle piante.
Ma San Pellegrino in fiore è così: imperfetta da sempre, incasinata per definizione, e l’impressione è che quelle che per i viterbesi sono travi nell’occhio, per gli altri, i forestieri, siano soltanto pagliuzze. Per esempio: ci sono un paio di macchine parcheggiate sotto la scalinata di Palazzo papale? Ce ne sono altre tre in esposizione dello sponsor in piazza della Morte? E sacchi di mondezza al cancello dell’ospedale vecchio? Facciamo finta che siano parcheggi creativi e non se ne parli più. Tra l’altro, il blocco del traffico in via Cavour, con tanto di transenna, ieri sembrava funzionare bene.
Il resto sono bancarelle di vivaisti della zona, mostre d’arte, esposizioni di peperini e pietre varie, prodotti tipici. Piazza San Carluccio, griffata Camera di commercio, è la più bella. Piazza Scacciaricci, nel cuore di San Pellegrino, addirittura sorprende, con una mini cascata che scende dall’alto e che ti fa sentire per un attimo in Amazzonia (ma mancano le amazzoni: prego provvedere). Si cammina e si guarda, mentre arzille signore chiedono quanto costa quella piantina là, mentre i solidi nerd scattano foto pseudoartistiche, mentre famigliole olandesi in bicicletta si fermano per una sacrosanta birra, mentre il viterbese con l’occhio appizzato confida: “Era meglio l’anno scorso”. Qui non si fanno critiche: il bello è soggettivo, l’importante è che funzioni. E San Pellegrino in fiore, da 29 anni a questa parte, funziona.