Se è vero che le rivoluzioni autentiche (nonché genuine) partono sempre dal basso, allora quella in atto a Cerveteri la si può catalogare serenamente come tale. Perché nulla è più basso della terra. E nulla ha radici più sane, profonde e robuste della canapa.
A Cerveteri si fa cultura, 365 giorni l’anno. La si fa con criterio, a testa china e senza spocchia. Rispolverando principi antichi, e applicandoli alle dinamiche moderne.
Di dentro al centro storico del borgo romano, tra vicoli e viuzze, è ubicata la sede di “Sole etrusco”. Una cooperativa folle che s’è messa in testa di dare la giusta importanza al mondo agricolo circostante. Quelli della coop propongono al fruitore attento prodotti di alta qualità, ad un prezzo più che ragionevole, estrapolati da grani locali, lavorati con un mulinetto a pietra piccolo ma efficace.
Che detto così pare quasi facile. Ma in realtà dietro a quanto descritto c’è da raccontare un apparato enorme. Un progetto culturale, in primis, che si allarga a macchia d’olio col passare degli anni. Con estrema fatica, e coi buoni rapporti basati sulla reciproca fiducia.
“Produciamo farine, biscotti, pasta e snack salati – dice Marco Mai, uno della cricca – assicurando agli agricoltori un prezzo equo, giusto, rispetto al mercato impazzito che normalmente li circonda. E chiediamo in cambio una sola cosa: di non trattare, di non inquinare, di fornirci materie prime sane”.
Il connubio funziona. Piace, per rimanere in tema. Tant’è che un’istituzione nazionale come l’associazione Panificatori di Roma decide di sostenere l’apparato. Di preparare pane con le suddette farine.
Ma non basta. Perché non di solo business vive l’uomo. L’altro lato della medaglia tocca la salvaguardia del territorio. La voglia e la chiara intenzione di non succhiare un terreno fino al midollo. L’antico rapporto di scambio consapevole tra uomo e natura. La piantagione di canapa, per farla corta. Coi suoi sviluppi in corso.
“Non stiamo a dire per quanti e quali motivi si sia persa la pratica di coltivare canapa – prosegue Mai, che tra l’altro è anche membro di Assocanapa – fino a poco tempo fa era prassi, poi le multinazionali, vedi quelle del petrolio, l’han fatta sparire. Ma questo è un discorso infinito. Ricordiamo invece i suoi pregi e le sue mille applicazioni. Noi ne siamo un chiaro esempio, miscelandola ad ogni nostra creazione con risultati incredibili. E in ballo c’è anche dell’altro…”.
Che poi sarebbe un primo centro di trasformazione della “sativa” (la specie legale, priva di Thc) nel Lazio. Ce ne sono due nello Stivale, manca quello centrale. E, dopo il sì dello Stato e quello della Regione, pare che si stia arrivando ad una risposta concreta. Si farà. E si farà presumibilmente a cavallo tra Roma e Viterbo.
“È un sogno – sempre lui – ma ci dobbiamo credere. Ho sempre con me una lista lunga così di persone che vorrebbero coltivare canapa, che conoscono le sue proprietà benefiche, che però non lo fanno perché poi non sanno a chi conferirla. Se il governo ci aiuta, daremmo lavoro a questa gente. E, soprattutto, faremmo sbocciare una vera rivoluzione verde”.
Già, la rivoluzione culturale di cui sopra. Una necessità assoluta, per chi bazzica il mondo agricolo e per chi via via sta percorrendo la strada della consapevolezza.