Il gran giorno (si fa molto per dire) è arrivato. Oggi sindaci e consiglieri comunali della Tuscia sono chiamati ad eleggere il presidente della nuova Provincia di Viterbo, ridisegnata e fortemente ridimensionata nelle competenze e nella struttura organizzativa in base alla riforma Delrio. Un’elezione di secondo livello, si definisce tecnicamente: un’elezione che, nella sostanza, ha suscitato entusiasmi pari a poco più di zero. Il mancato coinvolgimento dei cittadini toglie interesse; la percezione comune, peraltro espressa anche da autorevoli esponenti politici, è che quella che sta per cominciare sia comunque una fase di passaggio, destinata a durare un tempo limitato per poi sfociare in una cancellazione globale, demandando a Comuni e Regioni i compiti residui (viabilità, mobilità, edilizia scolastica e ambiente) che ancora restano in capo a Palazzo Gentili.
Corrono per la carica di presidente Mauro Mazzola, sindaco di Tarquinia (centrosinistra), e Fabio Bartolacci, sindaco di Tuscania (centrodestra). Pronostici completamente dalla parte del primo cittadino tirrenico, non solo perché i numeri sanciscono una netta supremazia sia di sindaci che di consiglieri, ma anche perché con un’operazione simile a quella che portò Leonardo Michelini a Palazzo dei priori, oltre alla lista ufficiale del Pd, Mazzola viene sostenuto anche da una lista civica, in cui sono presenti diversi esponenti della parte avversa. Inoltre, il centrodestra è riuscito a dividersi anche in questa circostanza, con una seconda lista (che nella sostanza si richiama al vice coordinatore regionale di Forza Italia, Francesco Battistoni) che ufficialmente non appoggia Bartolacci e che, di fatto, crea una spaccatura a sancire che la ricostruzione del centrodestra è ancora una buona intenzione. Si aggiunge alla competizione la lista presentata da Sel, anch’essa sganciata dai candidati alla presidenza.
Non v’è pathos, non ci sono incertezze sull’esito finale, non c’è la tensione che caratterizza ogni confronto elettorale. L’esito è scontato; gli unici dubbi vengono sul numero di consiglieri che Mazzola riuscirà a portare con sé. I pessimisti si fermano a 7; gli ottimisti arrivano a 9: probabilmente la previsione più probabile sta nel mezzo. E cioè 8 consiglieri complessivamente al centrosinistra, gli altri 4 alle minoranze. E, nell’ambito del centrodestra, si sono innescati ugualmente pronostici su quanta presa potrà avere la lista di disturbo di ispirazione battistoniana: l’ipotesi più ricorrente è che alla fine elegga un unico consigliere, ma Forza Italia. Ncd e Fratelli d’Italia che ufficialmente sostengono il primo cittadino di Tuscania puntano senza mezzi termini ad aggiudicarsi tutti i posti che il centrodestra avrà nel futuro Consiglio provinciale.
Ipotesi e discorsi che, diciamoci la verità, alla gente interessano molto poco. In queste condizioni, qualunque sarà l’esito e chiunque sarà presidente, forse è meglio le Province siano definitivamente cassate. Tanto più che le risorse sono ridotte al lumicino e che addirittura sono a rischio gli stipendi dei dipendenti già nei prossimi mesi. Meglio una cancellazione definitiva che una lenta e inesorabile agonia.