Spiegazione religiosa, o fideistica, o peggio superstiziosa: certi miracoli a Milano non succedono, perché bisogna essere soltanto qui, a Viterbo, la sera del 3 settembre, quando le nubi si diradano e l’acqua s’asciuga giusto in tempo per la Mossa. Spiegazione laica, scientifica, e pure un po’ cinica: pioveva. Il grande spettacolo della Macchina di Santa Rosa accesa da fiamma viva, che quasi sembra ardere, che scioglie i colori e il cuore, che illumina anche la fede, non è andato in onda ieri sera. Perché sull’area di Expo, a Rho, quadrante nord settentrionale di Milano (in alto a sinistra per chi guarda la mappa da quaggiù) pioveva, era umido, e faceva un freddo boia, 13 gradi, roba da far mettere il maglione anche alle zanzare della Padania e il perizoma alle olgettine di Corso Como.
Così, niente da fare. L’evento che avrebbe dovuto lanciare Fiore del cielo nella versione più simile possibile all’originale, è andato a farsi benedire. Rinviato per cause di forza maggiore, e il clima pazzo di quest’epoca, che passa dai trenta gradi di pochi giorni fa alla bubbolina di ieri sera. Peccato, e non solo per i tanti viterbesi (sindaco, assessori, consiglieri comunali, facchini) saliti in Lombardia per l’occasione. Peccato soprattutto per l’immagine che il Trasporto avrebbe potuto ricavarne sotto gli occhi del mondo: fiaccole accesi, lumini pure, e l’impressione che dentro l’Expo supermoderna, quella dei padiglioni e del sushi, delle hostess strafighe e della realtà virtuale, si stesse verificando una specie di magìa.
E invece no, bamboli, l’illuminazione resta quella fredda e tecnologica dei fari, e per il fuoco e le fiamme sarà per la prossima volta, magari il 3 settembre, quando ci hanno promesso che Fiore del cielo s’accenderà a Milàn mentre quaggiù Gloria – la nuova Macchina – vivrà il suo battesimo di fuoco, appunto. Il tutto, in collegamento audio-video e di sentimenti attraverso i cinquecento e passa chilometri che separano i due Campanili. Aspetteremo, fiduciosi e un po’ spiazzati dall’inedita circostanza delle due Macchine vive, erette, contemporaneamente.
C’è stata, comunque e per fortuna, la conferenza stampa di presentazione, con le autorità di cui sopra, l’ex ministro Fioroni, il presidente del Sodalizio Massimo Mecarini e quello di Fondazione Carivit Mario Brutti. A fare gli onori di casa, Roberto Arditti, che per Expo è direttore delle relazioni istituzionali nonché amico di Viterbo dai tempi della sua partecipazione a Medioera. Coordinava Alessandro Usai, giornalista viterbese che vive a Milano. Il vernissage ha avuto anche una larga copertura mediatica, con le telecamere del circuito internazionale della Rai, lanci Ansa e altre citazioni sui mass media nazionali.
Oggi, intanto, i viterbesi in trasferta si godranno, alla luce del sole, l’inaugurazione della mostra Tesori d’Italia, della quale la Macchina fa parte e che quel geniaccio caprino di Vittorio Sgarbi ha allestito al padiglione di Eataly. Duecentocinquanta opere d’arte, più o meno antiche, piazzate nei 16mila metri quadri dello stand di Oscar Farinetti, “intorno alla gigantesca Macchina di Santa Rosa”, come ha scritto ieri Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Dalla casta alla pasta, passando per il fasto.