Il dilemma è sempre lo stesso. E quindi forse è bene chiarirlo, una volta per tutte. Dicesi “turista”, colui il quale trascorre almeno una notte nel paese di destinazione, per scopi ricreativi o simili. Mentre “l’escursionista” è quello che rimane in giro per meno di 24 ore, e poi va a dormire fuori (dove meglio crede).
Sistemata questa faccenda, si può proseguire. Annunciando che a Viterbo, per San Pellegrino in fiore, sono passati tra i 70 e gli 80mila escursionisti. O chiamali, se vuoi, visitatori.
Il che non è affatto male, anzi. Di tale flusso infatti ne hanno giovato bar, ristoranti, botteghe, negozi, gelaterie, e forse anche il kebabaro. Non gli alberghi, certo. Ma del resto il medesimo discorso si potrebbe fare per Civita di Bagnoregio, giacché sta sulla bocca di tutti.
Ma torniamo al capoluogo. E a quella che lo stesso presidente dell’omonimo ente autonomo organizzatore, ossia Armando Malè, definisce come “una manifestazione popolare”. Chiusa la 29esima edizione, si può tracciare un primo bilancio.
“Il giorno di apertura era lavorativo – attacca proprio Malè – e quindi è scivolato via senza folle eccessive. Al contrario primo maggio, due e tre, ci hanno presi d’assalto. Meglio che nel 2014, siamo super soddisfatti”.
E non solo per le capocce contate, ma anche per le carte d’identità. “Ormai spingiamo forte sui siti internet del mondo intero – sempre lui – e quindi è logico incontrare per il centro storico tedeschi, inglesi e francesi. Chiaro che la maggior affluenza provenga poi dalla Tuscia. Ma a questa va affiancata una piacevole novità, i croceristi”. Che, per ritornare al discorso iniziale, rientrano tra gli escursionisti. “Abbiamo chiuso accordi con la Costa e con la Msc – spiega ancora – ogni nave porta 2 o 3000 anime. Un bel colpo. Felici di aver ricevuto pure un folto numero di romani, nonché di milanesi che hanno preferito la tranquilla Viterbo al caos dl Expo”.
Sistemato il lato turistico, pardon, escursionistico, si passa all’aspetto tecnico. “Pure i vivaisti sono cresciuti – parola di presidente – da 6 a 8. Così come gli standisti, da 32 a 42”.
Rimane quindi da capire solo cosa ha ben funzionato e cosa invece andrebbe buttato via. “Sulla qualità si può discutere una vita – chiude Malè – e non si arriverebbe da nessuna parte, tanto è soggettiva. Certo è che un’installazione come ‘il drago’ ha sicuramente creato dibattito. Per dire, ha fatto impazzire i bimbi, che di norma sono la categoria che meglio assorbe le novità. Cosa eliminerei? I tagli, magari. È sempre più difficile organizzare avendo a disposizione pochi fondi. Speriamo in un 2016 ricco e ben finanziato. Vorremmo festeggiare i 30 anni come si deve”.