La proposta di riforma della scuola presentata dal governo suscita
interrogativi e preoccupazioni. Evidenzia atteggiamenti esuberanti,
considerazioni superficiali e giudizi spesso affrettati.
“La Buona Scuola” non è la riforma di cui il paese ha bisogno . I bambini e i giovani non troveranno maggiore beneficio dal modello di istruzione proposto dal presidente del consiglio e dal suo governo. La questione è soprattutto culturale. Investe il tema della democrazia, dell’eguaglianza e della libertà. In particolare, il rapporto tra cittadini, futuri cittadini, i ragazzi, e istituzioni, oggi sempre meno rappresentative. Ma entriamo nel merito del disegno di legge, che in alcune disposizioni viola in modo palese la norma costituzionale.
La scelta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici nel nome di una malintesa autonomia contrasta con l’art. 97 Cost. che per
l’assunzione nella pubblica amministrazione prevede la sola forma del concorso al fine di assicurare correttezza e imparzialità. Invece i
promotori della riforma sostengono che attraverso questa norma i
dirigenti potranno assicurare alla scuola di cui sono titolari i docenti migliori di un determinato territorio.
I “presidi” quali criteri adotteranno nella scelta delle eccellenze? Che formazione e sensibilità avranno (hanno) coloro che saranno incaricati di scegliere i migliori o i più bravi insegnanti? Non solo, dopo tre anni un docente potrebbe essere allontanato dall’istituto scolastico . Su
questo punto, comunque, viene messo a repentaglio l’art. 33 Cost., che recita: “L’ arte e le scienze sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La libertà del docente, stretto tra il giudizio del
proprio dirigente o di quello, sarebbe definitivamente compromessa . Inoltre, lo svuotamento del collegio dei docenti – importante luogo dove poter condividere modalità di trasmissione del sapere e scelte metodologiche -, il tema, caldo, delle assunzioni dei centomila e più precari, le fondate preoccupazioni sul reclutamento futuro e il taglio di risorse per la scuola pubblica. Ora, al di là dei buoni propositi di investire nell’edilizia scolastica e nella sicurezza degli edifici, di incentivare le nuove tecnologie e alcune discipline, di favorire la formazione dei docenti, l’unica cosa concreta che emerge tra le righe de “La Buona Scuola” è lo sgravio fiscale per le famiglie che decideranno di iscrivere i loro figli alle scuole paritarie. Anche in questo caso, un nuovo profilo di incostituzionalità appare all’orizzonte, poiché, sempre in virtù dell’art. 33 della Costituzione, gli enti privati hanno sì il diritto di poter istituire scuole, ma senza oneri per lo Stato. Per tutte queste ragioni, e nel vivo ricordo delle parole pronunciate nel 1950 da Piero Calamandrei in occasione del terzo congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale .
Solidarietà e condivisione con le migliaia di manifestanti di Roma per una scuola “buona e giusta” luogo, ideale e concreto , dove
trasmettere saperi, valori e principi nel segno della libertà e dell’eguaglianza. Dove educare e formare il cittadino di domani. Un cittadino dotato di cultura critica e di profondo senso di
responsabilità individuale e collettiva. Dove valorizzare le professionalità e le persone, gli insegnanti, perno dell’istruzione, e i ragazzi.
La nostra scuola “buona e giusta” è pubblica, laica, solidale, aperta alla comunità e al territorio. E’ lo spazio dove si comincia a praticare la democrazia.