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La Turchina incanta Microsoft con la linea bio

Farro, grano, orzo, olio, ceci: le sorelle Di Simone di Tarquinia conquistano il mondo

Le sorelle Maria Lorenza (a sinistra) e Loretta Di Simone gestiscono l'azienda agricola La Turchina di Tarquinia

Le sorelle Maria Lorenza (a sinistra) e Loretta Di Simone gestiscono l’azienda agricola La Turchina di Tarquinia

Passione e cuore, fatica e sudore. Mescolate e dosate a piacimento questi “ingredienti” e il risultato è l’Azienda agricola La Turchina di Tarquinia. Rigorosamente  e orgogliosamente biologica. E proprio questa caratteristica ha consentito alle sorelle Loretta e Maria Lorenza Di Simone (che attualmente gestiscono l’attività) di essere inserite da Microsoft nell’elenco dei “50 che fanno di più” (nel mondo) e di far parte altresì della campagna #domore. La conseguenza? Più di 44mila visualizzazioni nel giro di pochi giorni e migliaia di “mi piace”, oltre che una richiesta di intervista da Taiwan sui metodi utilizzati per produrre in modo assolutamente naturale.

Loretta e Maria Lorenza (entrambe under 40 e, senza scendere troppo nei particolari perché con le signore con le signore non è opportuno, una anche sotto i 35 anni) gongolano. Una realtà produttiva della Tuscia che balza agli onori delle cronache mondiali. Un risultato eclatante che pone l’agricoltura biologica italiana e della Tuscia, in particolare, ai livelli più eccelsi.

“Io e mia sorella – attacca Loretta – rappresentiamo la quarta generazione. La Turchina fu fondata dal bisnonno paterno ai primi del Novecento; in tempi più recenti si è affiancata La Viola, nel territorio di Montalto di Castro. Anche il bisnonno (che era di origini marchigiane come tutta la famiglia) a quei tempi fu protagonista di quella che oggi si chiama filiera corta: aveva un punto vendita a Roma dove commercializzava formaggi e salumi che si producevano qui a Tarquinia”.

Gli spaghettoni prodotti con grano duro senatore Cappelli al top secondo la guida del Gambero Rosso

Gli spaghettoni prodotti con grano duro senatore Cappelli al top secondo la guida del Gambero Rosso

Attualmente il core business della due aziende agricole delle sorelle Di Simone è rappresentato dalla coltivazione e dalla produzione di cereali e legumi antichi. E che significa? “Significa puntare – risponde Loretta – su coltivazioni appunto antiche, anzi antichissime. Pensiamo al farro, già noto agli Etruschi e poi adottato dai Romani che addirittura suggellavano un matrimonio con la consegna di un pane di farro allo sposo da parte della famiglia della sposa. Noi abbiamo cercato e trovato le sementi originali, non contaminate, e abbiamo piantato tutte e tre le famiglie. Sulla varietà monococco, posso aggiungere che sono in  corso studi presso l’istituto Mayer di Firenze per utilizzarlo in caso di intolleranze o di celiachia. In attesa dei risultati, si può però subito dire che è un cereale facilmente digeribile”.

“In tempi più recenti – continua – è nato il grano duro senatore Cappelli. Nome nato per ricordare il senatore Raffaele, autore di un’epocale riforma agraria negli anni 30. E’ un grano particolare, che si semina molto presto e dal quale si ricava una farina con bassa presenza di glutine, quindi facilmente digeribile. Il passo successivo è la pasta, dal gusto assai particolare perché l’essiccazione avviene a temperature basse (35-37 grandi): i nostri spaghettoni di grano duro senatore Cappelli hanno meritato il primo posto nella speciale classifica redatta dal Gambero Rosso”.

La disnastia dei Di Simone al completo

La disnastia dei Di Simone al completo

E ancora i ceci sultano (quelli più piccoli), l’orzo vestito (una qualità particolare perché si macina solo il chicco, che è stato decorticato), olio (due qualità: Priscum e Amedeo). In più si allevano vacche maremmane, cavalli, pecore: sempre secondo le rigorose regole biologiche. “Abbiamo cominciato con la vendita on line – conclude Loretta – ma adesso ci dedichiamo anche alla vendita in loco, perché ci siamo accorte che il cibo trasformato gradisce un contatto diretto tra produttore e consumatore. La crisi? Sì, l’abbiamo avvertita anche soprattutto dal 2010 in poi. E’ cambiata la clientela, che adesso è un po’ più selezionata. Devo aggiungere che dall’anno scorso si avvertono segnali di ripresa: abbiamo incrementato la produzione del farro monococco, che è quello maggiormente richiesto dal mercato. I nostri sono anche aziende di rilevanza nazionale”.

Il vostro segreto? “Io sono laureata in giurisprudenza, mia sorella in economia: entrambe abbiamo nel nostro dna la terra. Non ci sono segreti: passione, cuore, fatica, sudore e sacrifici”. Semplicemente, la formula del successo.

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