Diario astrale: qui Palazzo dei priori, dove le dimissioni degli assessori sono smentibili e poi confermate (Zucchi e Valeri lo hanno fatto ieri), dove il rimpasto è un mostro brutto che manco in Dune e dove mancano soltanto le orecchie a punta – e la straordinaria onestà da vulcaniano – del signor Spock per essere davvero ai confini della Galassia. O forse oltre, nello spazio profondo.
Diario astrale. Prima dell’approvazione del bilancio consuntivo, votato in modo compatto da una maggioranza che sembra – sembra – aver ritrovato l’armonia, c’era stata una schermaglia stellare tra due pezzi grossi del consiglio; una schermaglia che ha regalato sciabolate di luce come neanche Obi Wan Kenobi. Sì, la forza (della polemica) è proprio con loro, con Filippo Rossi (Viva Viterbo) e con Giulio Marini (Forza Italia). Riproponiamo qui le fasi del duello intergalattico che ha appassionato i nerd di tutto il mondo, ma anche no.
La miccia l’accende involontariamente Claudio Ubertini, il capogruppo dei berlusconiani, che con fare pacioso chiede lumi alla presidente in apertura di consiglio: “Volevamo sapere se è cambiata la composizione dei gruppi di maggioranza, e i nomi dei capigruppo. Sa, con tutte le notizie che leggiamo sulla stampa locale…” Domanda tutt’altro che peregrina, viste le supernova esplose nelle ultime settimane.
Al che, Filippo Rossi, seduto esattamente di fronte a Ubertini e Marini, con un balzo da guerriero Jedi afferra il microfono e interviene: “E io, invece, vorrei sapere se Forza Italia esiste ancora. Sa, con tutto quello che abbiamo letto in questi giorni sulla stampa nazionale…”. E ogni riferimento alle percentuali ottenute dai berluscones in Trentino-Alto Adige, alla fuoriuscita di Fitto, alle scivolate (non metaforiche) del Silvio, non è puramente casuale.
Il raggio laser colpisce in pieno. E fa diventare una belva extraterrestre anche un viterbese tignoso come Giulio Marini. Che sbrocca: “Consigliere Rossi, questa se la poteva benissimo risparmiare. Mi pregio di essere iscritto a Forza Italia da 21 anni, dalla sua fondazione e a differenza di altri non ho mai cambiato partito (l’allusione è alla parabola politica dello stesso Filippino, portavoce di Scajola prima, fedelissimo di Fini poi, quindi con Monti e ora civico duro e puro, ndr). Quando e se ci saranno altri alveoli politici, aderirò ad altri alveoli”. Chiaro. Resta soltanto da capire cosa cacchio sia un alveolo e su quale pianeta viva.
Ma Marini non ha finito: “Siete voi – dice col dito puntato genericamente verso i banchi della maggioranza –, semmai, a doverci spiegare cosa siete. Noi siamo pochi, glielo garantisco, ma almeno siamo buoni”. Come il maestro Yoda, insomma. Mancava soltanto che il Bandolero dicesse “Luke, sono tuo padre” e potevano andare i titoli di coda.
Invece no. Invece a quel punto è intervenuto il sindaco per garantire che non gli risultavano dimissioni, e la presidente De Alexandris, dal canto suo, ha confermato che la maggioranza era sempre quella.
Sembrava tutto finito. La Ciambella è partita con l’illustrazione del bilancio consuntivo, gli assessori presenti (cioè quelli ancora in carica) hanno letto i resoconti delle loro attività nel 2014, e la cosa sembrava avviarsi verso il dibattito, le dichiarazioni e il voto sul bilancio. Macché. Perché Marini non aveva avuto soddisfazione, come quei cavalieri medievali che si sfidavano a singolar tenzone. E allora ecco la richiesta shock: “Chiedo al ragioniere capo Quintarelli di spiegarmi questi capitoli di bilancio. Riga per riga”. Si tratta di un malloppo di centinaia di voci: soldi spesi per tutti gli interventi del Comune, da quelli più grandi alle cose davvero minuscole, e i relativi residui. Dopo una breve pausa caffè (“Gli avete toccato Forza Italia”, “Non si gioca con le dignità delle persone”, tra le voci colte in aula), Quintarelli ha iniziato a leggere “il rosario”. Voce per voce. Con Marini che seguiva attentamente, e ogni tanto ammoniva: “Legga piano, che so’ vecchietto”.
Morale della favola: a Palazzo dei priori è andato in onda il primo caso di ostruzionismo vendicativo. Rossi, per la cronaca, si è perso tutto lo spettacolo: era già uscito dall’aula, lui. Alla velocità della luce.