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Da ex mattatoio a fabbrica di idee

L'inaugurazione della struttura recuperata dalla Fondazione Carivit

La sala multimediale dell'ex mattatoio

La sala multimediale dell’ex mattatoio

Il quinto quarto delle idee. Materiale di scarto, magari se rapportato ai filetti che circolano in altri luoghi molto più blasonati, ma comunque utile, saporito, dal quale cavare spesso un piatto nutriente. Una volta sarebbe servito a sfamare una famiglia numerosa, da oggi si spera che possa servire a produrre soluzioni, trovare spunti, costruire. E chissà quante famiglie viterbesi si sono sfamate, nel passato, grazie al vecchio mattatoio comunale di via Faul, oggi recuperato ufficialmente grazie ad un magistrale intervento (e oltre cinque milioni di euro) della Fondazione Carivit.

Eccolo, il nuovo vecchio mattatoio. Ma prima, un’umilissima proposta: non chiamatelo ex, perché sarà cambiato l’aspetto ma la destinazione d’uso resta la stessa: prima si lavorava la carne, oggi si elaborerà cibo per la mente. Nella speranza che l’incanto della struttura (archeologia industriale con tocchi di soluzioni avveneristiche qua e là) dia l’ispirazione a tutti coloro che si troveranno a passare di qua. Ospiti dei convegni, espositori, visitatori, addetti ai lavori: come la volta della Cappella Sistina ispira i cardinali in conclave, si parva licet, speriamo in un aspetto simile.

La proiezione del filmato di Biganzoli e Marcoaldi

La proiezione del filmato di Biganzoli e Marcoaldi

Per il taglio del nastro ufficiale, ieri pomeriggio, c’era tutta la Viterbo cotonata, ma non è questo il punto. C’era il presidente della Fondazione Carivit Mario Brutti, a fare gli onori di casa, e il sindaco Michelini per sbrigare le faccende istituzionali: entrambi hanno rivendicato il ruolo, l’importanza, della Fondazione sul territorio e nei confronti di esso. A chiudere, invece, il presidente dell’Acri, l’associazione delle Fondazioni delle casse di Risparmio, Giuseppe Guzzetti. Che guida una delle Fondazioni più importanti del Paese, quella della Cariplo, e che ha le idee chiare: “Quest’opera è bellissima, avete fatto un gran lavoro, e cinque milioni di investimento per una realtà relativamente piccola come quella di Viterbo sono tanti. Va ricordato che le Fondazioni bancarie appartengono a tutti i soci e i correntisti della banca, e dunque anche questo posto è vostro, della comunità. Perché la missione delle Fondazioni è proprio quella di essere al servizio delle comunità, per progetti culturali, ambientali, storici e sociali. Da quello che ho potuto vedere di persona, la Fondazione Carivit opera benissimo anche in alcuni aspetti, come il microcredito, particolarmente nobili”.

Nella sala multimediale – che farebbe invidia a parecchi pseudo cinema cittadini – parte poi un suggestivo documentario firmato da Francesco Biganzoli, scritto da Maurizia Marcoaldi, assemblato dai ragazzi della Provideo e raccontato dalle voci di Piermaria Cecchini e Francesca Arena. E qui, nella penombra della proiezione, si capisce davvero cosa significa questa operazione, al netto di qualche slancio vegetariano. Com’era il mattatoio prima: ganci insanguinati, bilance, locali piastrellati. Com’era ridotto dopo l’abbandono: muri diroccati, finestre rotte, calcinacci, ricovero di sbandati. E com’è diventato oggi: l’intonaco, il giardino rimesso a nuovo, i corridoi immacolati, le ampie vetrate. E le due zone: una espositiva, dove attualmente c’è il PalaExpo concesso gratuitamente al Comune di Viterbo, sempre che il Comune decida di organizzarci qualche iniziativa, prima o poi, e quella multimediale, con la sala conferenze.

Il posto c’è, la Fondazione ci ha messo il suo, vicino c’è anche l’incubatore culturale della Regione, di fronte, all’ex gazometro, sorgerà presto la sede di Unindustria con altri uffici. Valle Faul ha acceso l’interruttore, ora tocca ai viterbesi collegare il cervello. Sperando che funzioni.

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