A portare l’attenzione dei media su questo episodio di cronaca della nostra regione è l’associazione Antigone, un ente impegnato nella difesa dei diritti e le garanzie del sistema penale, che ha recentemente denunciato il caso di un venticinquenne condannato a un anno di carcere da una sentenza del Tribunale di Roma, per aver coltivato cannabis per fini terapeutici. Nonostante in Italia sia consentito l’utilizzo della marijuana per scopi medici – dietro apposita prescrizione di uno specialista – la coltivazione (indipendentemente dalla destinazione finale) resta ancora un reato che prevede pene detentive fino a 6 anni.
Negli ultimi anni diverse associazioni italiane, affiancate da molti esponenti politici, si sono impegnate nella campagna per la legalizzazione, anche e soprattutto per dar voce a tutti quei pazienti che rischiano ogni giorno di essere perquisiti, indagati e, nella peggiore delle ipotesi, messi in galera perché scelgono di coltivare le qualità femminizzate dei semi di cannabis più appropriate per ottenere una sostanza in grado di alleviare le loro sofferenze, e che per il sistema sanitario sembra ancora irreperibile, seppur autorizzata.
Il ragazzo in questione possedeva qualche pianta di marijuana per curare la madre che soffre di epilessia, nella vana attesa che il lungo iter burocratico avviato per l’importazione dei farmaci cannabinoidi dall’Olanda rendesse esiti positivi. Per poter accedere a questo tipo di terapia, infatti, i pazienti devono affrontare prassi amministrative lente e complicate. Per ovviare alle difficoltà della madre e per poterla curare in maniera efficace, il giovane ha deciso di produrre i medicinali cannabinoidi coltivando quattro piante di marijuana medica, sostanza che le era stata regolarmente prescritta da uno specialista. La documentazione medica presentata dall’avvocato del giovane in Tribunale, tuttavia, non è servita a risparmiargli la condanna a un anno di carcere, una sentenza che di fatto lo ha equiparato a qualunque altro comune spacciatore di droga.
L’epilessia, in antichità chiamata “il male sacro”, è stata per anni oggetto di studio da parte degli scienziati nei migliori centri di ricerca del mondo. Secondo recenti stime, i malati di epilessia sarebbero più di 65 milioni, 500 mila solo in Italia, e i centri di cura specializzati sparsi nel territorio sono molti e sempre più qualificati. A Viterbo, ad esempio, presso l’Ospedale Belcolle è attivo un Ambulatorio che effettua percorsi diagnostici e terapeutici per i malati di epilessia.
Quanto alla possibilità per i pazienti epilettici di curarsi con la marijuana medica, i risultati di una recente ricerca presentata a Washington dalla American Academy of Neurology, hanno dimostrato come la cannabis possa ridurre il numero delle crisi epilettiche di oltre il 50%, un dato davvero sorprendente che ha comunque confermato altri studi precedenti già effettuati sul tema. Questa patologia, inoltre, rientra nell’elenco delle malattie per le quali è possibile utilizzare i cannabinoidi al fine di contrastarne i sintomi.
Ecco perché Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha chiesto la riapertura del caso e immediati interventi di modifica per quel giovane incensurato che aveva soltanto il desiderio di aiutare una madre malata, dopo aver tentato invano di procurarsi i farmaci cannabinoidi in maniera legale.
Curava la madre epilettica con cannabis: in carcere
L'Associazione Antigone chiede di riaprire il caso
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