16112024Headline:

Comune, l’aut aut di Michelini va a vuoto

La Troncarelli non firma le deleghe: maggioranza (e giunta) ancora in alto mare

Alessandra Troncarelli

Alessandra Troncarelli

E adesso, se le parole valgono ancora qualcosa, il sindaco dovrebbe dimettersi. Perché? Perché dopo l’avvertimento a margine della presentazione della nuova giunta (“Questa è, queste sono le deleghe: se non vi va bene andiamo tutti a casa”), è successo che uno degli assessori in pectore ha rifiutato di firmare. Trattasi di Alessandra Troncarelli, l’unica novità rispetto alla vecchia squadra e, fattore tutt’altro che secondario, esponente della corrente panunziana, maggioritaria nel gruppo consigliare del Pd. Le motivazioni ufficiali della non-firma (comunque legittima: nessuno è costretto a salire in una nave che galleggia a fatica) stanno nel fatto che Michelini, ad avviso della Troncarelli ma evidentemente anche dei suoi compagni, non avrebbe risolto la crisi e che dunque non ci sarebbero le condizioni per rilanciare l’attività amministrativa della città.

Sullo sfondo, naturalmente, resta la guerra termonucleare globale che la componente fioroniana e quella panunziana continuano a combattere ormai da tre settimane. Un conflitto che neanche l’opera di mediazione del segretario regionale democratico è riuscita ad interrompere. Uno scontro che vede ora i panunziani (maggioranza in consiglio) puntare al bersaglio grosso, forti dello slancio, dell’abbrivio alla luce degli ultimi risultati positivi, oltre che dei numeri. Il tutto, mentre la parte fioroniana del partito e il mondo civico stanno accusando un po’ di affanno, affanno che si ripercuote tutto proprio su Michelini.

Così l’ingresso della Troncarelli e il sacrificio di Maria Rita De Alexandris per piazzare alla presidenza del consiglio un altro pezzo panunzian-renziano (Serra) non si sta rivelando sufficiente per ricomporre la maggioranza. Potrebbe bastare anche un ottavo assessore d’area? Può darsi, anche se lo stesso Pd aveva prodotto un documento unanime – appena una settimana fa – che indicava una giunta al minimo sindacale (sei, sette elementi): salire ad otto sarebbe una contraddizione in termine. E allora? E’ probabile che sia una questione di deleghe, di pesi e contrappesi da ridistribuire all’interno della squadra di Governo. Un gioco di equilibri difficilmente comprensibile ai cittadini ma invece frequentissimo nella politica, specie quella della peggior risma. Un rimpasto di competenze dal quale nessuno a quel punto sarebbe al riparo (nemmeno i bersagli grossi di Palazzo dei priori, dalla Ciambella in giù).

Ecco perché il sindaco ha preso in considerazione seriamente, nella notte tra giovedì e venerdì, l’estrema mossa delle dimissioni. Per il momento senza dare seguito nei fatti al pensiero. Ma il tempo passa, le mediazioni vanno a vuoto e quella comunicazione ufficiale, a verbale, resta lì: “O vi vanno bene queste deleghe, o ce ne andiamo a casa. Questa è la mia giunta”, disse Michelini. Non è bastato per chetare le acque, anzi. Per una volta che il primo cittadino si cimenta in una prova di forza, è stato subito smentito da una parte della sua stessa maggioranza. Le dimissioni, a questo punto, servirebbero per lanciare un segnale chiaro e richiamare tutti al senso di responsabilità (o almeno a quello delle poltrone). E chissà che la mozione di sfiducia presentata dal Movimento Cinque Stelle non possa trovare presto una sorprendente popolarità, tra l’opposizione certo, ma non solo. (Si fa per scherzare, o forse no)

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