Assolto con formula piena. L’odissea di Marco Tartarini è durata cinque anni e si è conclusa esattamente il 21 aprile scorso quando, insieme ad altri 4 imputati, è stato assolto dall’accusa di tentativo di truffa ai danni dello Stato. La vicenda dell’ex collaboratore di un quotidiano viterbese, ora non più in edicola, comincia appunto nel 2010 quando viene raggiunto da un avviso di garanzia della procura di Roma. “In quel momento mi cadde il mondo addosso – confessa oggi Marco Tartarini -. Non riuscivo a rendermi neppure conto di come potessi essere accusato di un reato che non avevo mai commesso. In sostanza, secondo l’accusa, avevo fatto in modo che quel giornale ricevesse finanziamenti che non erano dovuti”.
La vicenda ebbe all’epoca risonanza anche a livello nazionale, tanto che se ne occupò pure una puntata di Report, il programma di giornalismo d’inchiesta di Rai Tre. Indagini lunghe, compreso un interrogatorio-fiume di 7 ore con i militari della Polizia tributaria della Guardia di finanza di Roma. “Ma furono tutti molto gentili con me – ricorda Tartarini -. Mi fecero tantissime domande, a molte delle quali risposi soltanto dicendo che erano cose che avevo letto sui giornali”. Alla fine il rinvio a giudizio e il processo davanti alla IX sezione penale del tribunale di Roma, insieme ad altri quattro imputati dello stesso reato: Giuseppe e Tullio Ciarrapico, Silvio Giuliani e Leopoldo Pagliari. Tante udienze, tante testimonianze e un’unica, solida certezza: “In cuor mio sapevo di non aver commesso nulla di illecito ed ero certo che la verità sarebbe venuta fuori. Mi ha sorretto molto la mia famiglia e decisivo è stato il ruolo del mio avvocato di fiducia, Claudia Puntoriero dello studio Mannucci, che dal primo momento e con straordinario vigore ha portato avanti la mia tutela”.
Sono stati giorni difficili e anche amari, per certi versi. “Ricordo di aver trascorso molte notti senza chiudere letteralmente occhio… Ma gli amici, quelli veri, non mi hanno mai abbandonato e mi hanno sempre sostenuto. Sia nel mio paese, Carbognano, che fuori, anche negli Stati Uniti. La fede ha fatto il resto: sentivo che comunque, al di là della giustizia umana, c’era e c’è qualcosa di più grande”. Un episodio ha particolarmente ferito Marco Tartarini: “Ero a Carbognano su una strada periferica e camminavo per conto mio quando da un’auto di passaggio qualcuno mi gridò: ‘Ladro’. Non ho mai riconosciuto chi urlò quell’insulto; ricordo solo il tipo di auto: era una Volvo. Sul momento ci rimasi malissimo, ma poi me ne sono fatto una ragione e sinceramente non ho mai neppure tentato di risalire al protagonista di quell’episodio. Oggi che tutto è finito, posso solo dire che non ho mai dubitato della giustizia. E lo affermo con sincerità”.
Che cosa resta oggi di quell’esperienza? “Resta un insegnamento forte: anche alla mia età (ho sessant’anni) non si finisce mai imparare. Io mi sono fidato di chi evidentemente non meritava la mia fiducia e mi sono ritrovato in una vicenda nella quale non c’entravo nulla se non per il fatto che risultavo amministratore di quella società editoriale… All’ultima udienza, quella in cui sarebbe stata pronunciata la sentenza, non ho partecipato. Ero a casa, molto tranquillo e sereno e lì ho atteso la comunicazione del mio avvocato. Dopo, una valanga di email, sms e messaggi su Facebook da parte delle persone che hanno sempre creduto alla mia buonafede. Sono contento e sollevato, è vero, ma dico pure che non ho mai avuto dubbi sull’esito positivo della vicenda”. Già, l’incubo è finito. Finalmente.