Una mezza vittoria per il Comune di Viterbo, una vittoria netta per la Regione e una mezza sconfitta per le Terme dei papi. Questo dice, in parole povere e depurate dal giustizialese (lingua ostica) la sentenza del consiglio di Stato firmata dai magistrati della quinta sezione e depositata ieri. Si può leggere integralmente qui.
Il massimo organo della giustizia amministrativa italiana (inappellabile per definizione) era chiamato a pronunciarsi sul ricorso dello stesso Comune – rappresentato dall’avvocato Massimiliano Brugnoletti – contro la sentenza 694 del 2014 del Tar del Lazio. L’amministrazione comunale contestava la competenza dello stesso Tribunale amministrativo regionale sull’argomento della decadenza della subconcessione termale e, nel merito, la competenza nello stabilire la quantità minima di acqua che la società privata può attingere.
Dopo aver ricostruito l’intera vicenda, che ha le sue prime radici sin dal 1953, i giudici entrano nel merito della questione. E scrivono che la prima parte del ricorso del Comune e della Regione sulle competenze del Tar in merito non può essere accolta. Il Tar è legittimato ad esprimersi sulla questione perché quello tra Comune e Terme dei papi non è un rapporto tra appaltatore e appalto, ma tra concessionaria e sub concessionaria. Con tanto di obbligo per quest’ultima di effettuare lavori e interventi migliorativi della struttura “in corrispettivo per l’esercizio della concessione mineraria”. E il Tar può deliberare nei casi in cui l’amministrazione opera in quanto autorità. Come dire: un domani la stessa Terme dei papi potrà ancora rivolgersi al Tribunale amministrativo, e non – come intendeva il Comune – al giudice ordinario.
Accolto, invece, e questo è l’aspetto più interessante della vicenda, il merito della decisione del Tar. Che aveva ordinato la concessione illimitata di acqua alle Terme dei papi. Anche perché Terme dei papi, scaduta la sub concessione e la proroga, oggi opera in regime di “affidamento in custodia”, almeno fino al 2017, quando la Regione passerà al Comune la nuova concessione. Ma non può essere certo un tribunale a fissare le quantità d’acqua a disposizione di un privato visto che parliamo di un bene che è di proprietà della Regione e che in concessione al Comune. Diverso il discorso sul dispositivo che la Regione ha chiesto di mettere al Comune per limitare l’acqua: è un “atto endoprocedimentale” tra i due enti e dunque il ricorso di Terme dei papi non doveva essere ammesso.
Bisognerà dunque aspettare la sentenza di un altro ricorso al Tar, previsto per fine maggio, nel quale Terme dei papi chiede di cancellare il limite dei 23 litri al secondo, deciso dal Comune nella discussa delibera del luglio scorso. Ma sembra proprio che questa sentenza possa andare nella direzione che Palazzo dei priori ha sempre promosso.
“Interpretiamo in modo positivo questa sentenza – dice l’assessore Tonino Delli Iaconi – e restiamo convinti che non possa essere un tribunale a decidere la quantità d’acqua da dare ad un privato, specie se l’acqua è limitata e in futuro, con la nuova concessione della Regione, dovrà soddisfare le esigenze di altre aziende. Mi auguro che alla luce di questo scenario, e di quelli che si verificheranno prossimamente, la famiglia Sensi riveda le sue posizioni. Quando ci sarà il nuovo bando è logico che dovrà riportare i litri d’acqua disponibili: a quel punto chi vorrà partecipare alla gara non potrà non tenerne conto”.
Ieri intanto si è svolto anche il vertice tra lo stesso Delli Iaconi, il sindaco, Fausto Sensi e l’altro attore privato attualmente sul mercato, Franco Governatori. Si è affrontata la questione del pozzo San Valentino, i cui lavori sono sospesi. Nei prossimi giorni previsto un incontro alla Regione per chiedere di attivare la famosa fase B dell’intervento. Intanto è stato adottato un dispositivo che dovrebbe limitare le perdite d’acqua, ma si pensa anche a chiudere il pozzo e a spostarlo più in alto.