15112024Headline:

Provincia: il centrodestra più spaccato che mai

I battistoniani presentano un altro candidato: strada spianata per Mazzola

Francesco Battistoni

Francesco Battistoni

Elezioni provinciali. Che il centrodestra non fosse affatto unito si era capito già dalla presentazione della candidatura di Fabio Bartolacci. Quel giorno, da Schenardi, c’era Fratelli d’Italia, una parte di Forza Italia e basta. Mancava il Nuovo Centrodestra – benché nei giorni precedenti l’appoggio del partito d’Alfano sembrava cosa quasi fatta – e soprattutto mancava un’altra metà dei berlusconiani. Senza dimenticare le varie anime della Lega nord, che nella Tuscia possono contare su sette/otto consiglieri comunali sparsi qua e là, e l’Udc. Insomma: si notavano più gli assenti che i presenti, nonostante in quella sede tutti si erano guardati bene da sottolinerarlo, convinti che l’accordo fosse scontato. E invece no.
C’è un altro centrodestra. Che non sosterrà Bartolacci (ma evidentemente non perché non ne condivide il nome, ma per ragioni e spaccature più profonde e argomentate) e che sta lavorando ad un’altra lista, ad un altro candidato. Sono usciti allo scoperto adesso, almeno parzialmente: si sa che tra i candidati ci saranno due sindaci “pesanti” – Piero Camilli da Grotte di Castro e Sandrino Aquilani da Vetralla -, anche se resta ancora il massimo riserbo sulla figura scelta per puntare alla presidenza. Così come non è dato sapere se ci saranno esponenti di altri partiti d’area (Ncd e Udc, appunto). E se dalla parte di Bartolacci c’è Giulio Marini, è logico che da quest’altra ci sia Francesco Battistoni, vicecoordinatore regionale di Forza Italia e da anni ormai su posizioni diverse rispetto all’ex sindaco, col quale nel 1994 fondò il partito nella Tuscia.
La frattura era nota – con tutte le appendici di cronaca del caso – così come era noto che non si fosse ricomposta. E ora ha partorito due candidature. Tutto a vantaggio del centrosinistra, che ha puntato su Mauro Mazzola (sindaco di Tarquinia) con largo anticipo e senza troppe storie, e che numeri alla mano partiva già in vantaggio. Insomma: il voto del 3 maggio sembra davvero una formalità.

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