Settimana di passione per Viterbo: il gemellaggio con Avignone e la candidatura a capitale italiana della cultura rappresentano due tappe fondamentali nel processo di espansione del capoluogo della Tuscia. Eventi che non riguardano solo la maggioranza che governa Palazzo dei Priori, ma la città tutta. Solo una visione provinciale (nel senso più deleterio del termine che, invece, racchiude nobiltà e massima dignità) della vita e della politica consente simili bassezze. Se si concretizza il “matrimonio” con i provenziali (le probabilità sono elevate, viste le premesse e la serietà di approccio) e se si conquista il titolo in campo culturale (possibilità meno rilevanti, considerata la qualità e la forza delle pretendenti) sarà una vittoria di Viterbo e dei viterbesi: non di Michelini e della sua amministrazione.
C’è però un tema che non sta ricevendo in queste settimane adeguata rilevanza e attenzione. L’anno santo straordinario proclamato da papa Francesco è un’altra irripetibile occasione di rilancio e di crescita economica. Considerato che il giubileo capita ogni 25 anni e che quello appena proclamato è, appunto, straordinario, varrebbe seriamente la pena impegnarsi a fondo affinché la Tuscia goda di almeno una piccola parte della trentina di milioni di pellegrini che arriveranno a Roma. I punti di forza sono noti e quelli vanno sfruttati: relativa vicinanza alla capitale (magari se il collegamento ferroviario fosse meno sconcio di quello attuale… e comunque c’è l’autostrada), sede papale negli scorsi secoli, territorio ricco di storia e di monumenti, buona cucina. E soprattutto prezzi concorrenziali rispetto a Roma. Proprio su questo devono puntare le strutture turistiche e di accoglienza per aggiudicarsi una fetta, un rivolo, una porzioncina di quella moltitudine che visiterà i luoghi più sacri e famosi della cristianità. Basti pensare che se soltanto lo 0,5% di quei 30 milioni di arrivi scegliesse la Tuscia come base per la permanenza in Italia, si tratterebbe di 150mila presenze. Mica pizza e fichi…
Magari, proprio in virtù del futuro gemellaggio con la città provenzale, si potrebbe pensare a pacchetti che prevedano una triangolazione Roma – Viterbo – Avignone. Una faccenda più o meno di questo genere: arrivo a Marsiglia, visita ad Avignone, ripartenza per Roma, soggiorno a Viterbo (ma anche l’itinerario inverso andrebbe bene). Si può pensare all’aereo, ma anche in pullman non è impossibile: da Viterbo ad Avignone sono 909 chilometri. E’ un’ipotesi. Ce ne possono essere altre, ugualmente appetibili. L’importante è che le strutture viterbesi dimentichino gelosie, provincialismi e ripicche e mettano insieme risorse, idee e proposte da sottoporre ai tour operator italiani e internazionali che lavorano nel settore. Se ne potrebbero far carico le associazioni di categoria e la Camera di commercio, più che le istituzioni locali. Vale comunque la pena provarci: oggi, non fra sei mesi quando cominceranno ufficialmente le celebrazioni. I contratti (e gli affari) si fanno per tempo senza aspettare l’ultimo secondo quando restano da spartirsi solo le briciole.
Buona domenica e buona Pasqua.