Oltre il cinque per cento delle imprese della Tuscia è di stranieri provenienti da Paesi fuori dall’Unione europea. Per la precisione: su 24.583 aziende individuali, 1285 appartengono ad extracomunitari, il 5.23 per cento. Un dato in crescita rispetto al passato (più 6.5 per cento rispetto al 2013), ma comunque inferiore alla media nazionale, attestata sul 10.3 per cento. E’ il risultato di un’analisi condotta da Unioncamere-Infocamere, sui dati del 2014.
Tra i Paesi più rappresentati, il Marocco (con il 24 per cento del totale), l’Albania e il Senegal (entrambe con l’8 per cento) e la Cina (7 per cento). E i settori? La parte del leone la fa il commercio, con 763 imprese (il 59 per cento), poi l’edilizia (172 imprese, 13 per cento) e l’agricoltura, silvicoltura e pesca con il 6 per cento e 75 imprese. Una sola l’impresa che opera nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, due quelle che lavorano per sanità e servizi sociali, 4 in istruzione e attività artistiche e sportive.
Non solo: la divisione per nazionalità emerge anche in riferimento ai settori. “Le attività di commercio individuale, per esempio, sono gestite da marocchini, senegalesi e cinesi – dicono dalla Camera di Commercio – Nelle costruzioni spazio all’est Europa e ai Balcani, con albanesi, moldavi e macedoni, tutti pure protagonisti nell’agricoltura”.
Insomma, anche l’economia della provincia va internazionalizzandosi, seppur con passo più lento rispetto ad altre zone d’Italia. Al vertice dell’indagine, per dire, c’è Prato, con quasi il 40 per cento di imprese a stranieri. Seguono Milano e Firenze – comunque realtà molto grandi e non paragonabili con la provincia – con circa il 20 per cento.